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Voglia di tenerezza

Voglia di tenerezza

Ve la ricordate la vostra prima volta? No, chiariamoci: la vostra prima volta che avete detto ad una ragazza “mettiamoci insieme?” Con quale goffaggine quelle parole sono state pronunciate? Quanta adrenalina avete prodotto? Oggi, dicono, non si corteggia più. Non c’è più tempo in un mondo dove ci si lascia con un semplice tweet. Centoquaranta caratteri per dirsi addio o, appena qualche anno addietro, bastava un semplice sms oggi oramai fuori moda, sopraffatto dall’immediatezza di whatsapp. Eppure, come diceva Alain Fournier “l’approccio è sempre più bello che la conclusione”. E’ stato ristampato in questi giorni un libro di E.S. Tuner, uscito per la prima volta nel 1954 il titolo è “Storia del corteggiamento” (edizioni Ultra) e, probabilmente, potrebbe apparire fuori luogo e fuori tempo massimo. Eppure ciò che una volta era considerata un’arte è, probabilmente, un tassello che manca alla vita forsennata (atletica e veloce, direbbe De Gregori) di questi giorni. Una volta esisteva la “dichiarazione”. Ricordo bene che questa era “obbligatoria” e bisognava trovare le parole giuste. Avevo 14 anni, correva l’anno 1973 e la canzone più gettonata nel the danzante (una sorta di discoteca ante litteram dove si cercava di pomiciare dalle 17.00 alle 20.00) era “il mio canto libero” di Lucio Battisti. Io ero invaghito di Angela, occhi nerissimi, capelli lunghi e seno piatto. Ma sorriso immenso. Era anche l’anno di un altro disco “Gira che ti rigira… amore bello” di Claudio Baglioni. Avevamo organizzato una festa, in un locale vicino alla fermata dei pullmann, ad Alghero. Ci si trovava un po’ tutti quelli della prima superiore. Anche Angela. Soprattutto Angela. Non sono mai stato un grande ballerino e neppure un grande “corteggiatore”. Anzi, a dire il vero, appartenevo alla categoria degli “imbranati” e non avevo mai pomiciato con nessuno. Non che fosse un problema ma era, comunque un dato di fatto. Ma Angela era lì, a quella festa e pareva mi aspettasse. Me lo diceva Annamaria, la sua migliore amica e mi supportava Antonello il mio sparring partner che mi suggeriva un approccio misto a parole e movimenti: “Aspetti il lento, la stringi. Vedi se lei non molla. Stringi ancora. E ti fermi”. Era una strategia riflessiva. Prevedeva almeno quattro approcci e quattro lenti. “E poi?”, chiedevo io, “ Poi che le dico?” “Beh, al quarto lento devi dichiararti,” rispondeva Antonello, “le parole le devi trovare tu, mica posso fare tutto io”. Restavo in silenzio e guardavo Angela che rappresentava per me, in quei momenti, l’unica ragazza sulla terra. Bellissima. Cominciai con il primo lento, poi il secondo. Ed il terzo. Stringevo e lei stringeva. Sudavo, ansimavo, Il suo volto che sfiorava il mio. Il cuore che faceva, come quello di Alan Ford “bum bum bam bam”. Mancava solo il quarto lento. E le parole. E partì la chitarra acustica, accompagnata dal basso: “La fossa del leone, è ancora realtà”. Il nostro caro angelo, quello che si ciba di radici, ma schiavo non sarà mai. Il quarto lento. Mi avvicinai ad Angela. Che, subito si alzò. Il quarto lento. L’approccio si avviava alla conclusione. Potevo, dopo la dichiarazione permettermi di stringere e scendere, con le mani “un po’ piu giù” e, magari provare a verificare la consistenza del suo seno che, appariva davvero misero ma, stando abbracciati intensamente, lo sentivo enorme. Le parole. Si mischiavano a quelle della canzone. Che non mi pareva la più adatta. “Come prostitute che, nella notte vendono”…. Zitto. Mica potevo parlare in quel momento. Ma stringevo e Angela e lei rispondeva. Dio se rispondeva. “Un gaio gesto di amore, che amor non è mai”. Il disco camminava e il tempo scorreva. Non ci sarebbe stata un’altra opportunità. La canzone portava a ballare non proprio lentamente ed invece noi, al centro della pista, eravamo come bloccati. Al suono dei flauti cominciai a sudare moltissimo. La chitarra si abbassava e poi risaliva, come la saliva che bloccava le parole e, sopra quelle ultime note le dissi: “Scusa Angela, ti vuoi mettere insieme a me?” E lei rispose “Si”. La musica finì e partì un disco molto movimentato. Ero sinceramente agitato. Tornai al mio posto e Antonello mi chiese subito: “E allora?” Risposi che aveva detto si. “E tu cosa hai fatto?” Ecco, nella lezione di corteggiamento non mi era stato suggerito come proseguire. “Cosa avrei dovuto fare?” Antonello mi scrutò e prima di ridere intensamente mi disse: “Baciarla. Semplicemente.” Era il 1973 ed io, a quei tempi non conoscevo il libro di Tuner “storia del corteggiamento”. La baciai solo alla fine della serata, del the danzante. E non ci fu tempo per verificare la consistenza delle sue tette. Ma aveva occhi intensi e un bel sorriso. La mia Angela.

21:03 , 3 Gennaio 2015 Commenti disabilitati su Voglia di tenerezza