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Sconfitta

Sconfitta

Lo so, non è facile da accettare. Perché questa non è una partita di calcio, né una gara di pallavolo. È la sconfitta peggiore, quella che fa più male.
Un detenuto, autorizzato a lavorare all’esterno, ha prima ucciso una donna con cui aveva una relazione e poi si è tolto la vita, gettandosi dalle guglie del Duomo di Milano. Come a voler urlare, con un ultimo gesto estremo, il proprio errore disumano.
Abbiamo perso. Lo so.
Era stato condannato per un altro omicidio. Nel 2016 aveva ucciso una ragazza tunisina. Ogni giorno usciva dal carcere di Bollate per lavorare in un hotel, dove aveva conosciuto Chamila, la donna che poi ha assassinato.
I giornali l’hanno definito un “detenuto modello”. Ma quell’etichetta è fuorviante. Non esistono detenuti modello, non ci sono modelli prefabbricati. Esistono uomini, con i loro fardelli, le loro battaglie, le sconfitte, la vigliaccheria, l’opacità. Conoscerli davvero è difficile. Entrare nelle pieghe profonde della loro storia, nel loro modo di concepire il mondo, è spesso impossibile.
Il “detenuto modello” ha tradito. Il “bravo assassino” ci ha ingannato. Il “furbo vigliacco” ha aggirato tutti gli ostacoli. Abbiamo perso. Lo so. Ne sono certo. Come quando ci si fida del migliore amico, o persino di se stessi. E poi arriva la delusione, e fa male.
Guardare oggi le carte con cui quel detenuto ha ottenuto il lavoro esterno non porterà da nessuna parte. Quelle carte sono regolari. Tutto era previsto dalla legge. Ora qualcuno chiederà di cambiarla, quella legge. Di restringere le possibilità di accesso alle misure alternative. Emanuele De Maria era stato condannato a 14 anni, pena ridotta in appello a 12. L’omicidio risaliva al 2016. Tra qualche anno sarebbe stato libero.
Le richieste di accanimento, oggi, non servono. Non sarebbero servite nemmeno prima. Sarebbe stato scarcerato comunque. Però, certo, non avrebbe ucciso un’altra donna. È facile dirlo, troppo facile.
Ogni giorno, migliaia di detenuti escono dalle carceri per lavorare, e non commettono alcun reato. Lui sì. Lui ha ucciso di nuovo. E non ha retto all’idea di affrontare le conseguenze. Ha preferito togliersi la vita. È stato un vigliacco. Un vigliacco cattivo. Ma nemmeno questo è del tutto vero. Non possiamo ridurre tutto a un’etichetta, distruggere ogni passaggio interiore, ogni sfumatura emotiva. Forse — azzardo — potevamo stargli più vicino. Gli operatori spesso allentano i colloqui con i detenuti che lavorano all’esterno, soprattutto quando tutto sembra andare per il meglio, quando il datore di lavoro è soddisfatto. È un po’ come accade ai genitori, quando allentano la presa sul figlio che “va bene” e si concentrano su quello che “zoppica”.
Forse è accaduto proprio questo. È probabile.
Educatori e assistenti sociali non riescono a seguire tutti. Non possono perché sono un numero vergognosamente insufficiente. Dovrebbero, direte voi. E avete ragione. Ma non ce la possono fare.
Abbiamo perso anche perché non siamo riusciti a rafforzare le forze sociali, a costruire programmi più continuativi, più solidi.
Lo dico da sconfitto. Da vecchio operatore che in carcere ha trascorso gran parte della propria vita.
Davanti a questa tragedia resta solo lo stupore amaro, l’incapacità di trovare le parole per gesti che sembrano inconcepibili, crudeli, bastardi.
Sì, abbiamo perso. Lo so.
Ma se dovessimo pensare, oggi, di non concedere più alcuna possibilità ai detenuti, a tutti i detenuti, di riscattarsi, allora la sconfitta sarebbe davvero definitiva. Dobbiamo continuare. Continuare a costruire, a lanciare ponti, a indicare strade percorribili. Strade lungo le quali anche chi ha sbagliato possa camminare di nuovo.
Lo so, non è facile. È naturale gettare tutta la rabbia su Caino. È un errore imperdonabile, questo. Lo so. Ma non possiamo, anche noi, premere il grilletto dell’odio. Non possiamo abbandonare il palco della giustizia portandoci via la pistola fumante di una vendetta sommaria.
È nostro dovere ammettere l’errore. Ma sarebbe imperdonabile rispondere con un altro errore.

18:53 , 12 Maggio 2025 Commenti disabilitati su Sconfitta