
La prima parola del 2025 è “respirare”. L’ha utilizzata, sicuramente in forma di metafora, il nostro immenso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando, nel discorso di fine anno, ha posto l’accento sulle problematiche del carcere: “I detenuti devono poter respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti all’illegalità e al crimine. Su questo sono impegnati generosi operatori, che meritano di essere sostenuti.
Mi ha colpito perché mi è parsa una frase in netta contraddizione con quella utilizzata dal sottosegretario alla Giustizia Del Mastro quando, a proposito dell’utilizzo di una nuova automobile per il trasporto di detenuti, aveva quasi gridato, con un motto d’orgoglio: “Incalziamo chi sta dietro quel vetro e non lo lasciamo respirare.”
La contrapposizione è stridente, quasi dolorosa. Da un lato, il Capo dello Stato che richiama tutti a un senso di responsabilità morale e civile, sottolineando come anche chi ha sbagliato meriti una seconda possibilità e un ambiente che non spenga del tutto la speranza. Dall’altro, una frase che sembra voler negare qualsiasi possibilità di redenzione, evocando una giustizia implacabile e soffocante.
Ho riflettuto sul peso e sull’uso delle parole. Quanto è importante il loro significato e l’effetto che possono avere su chi le ascolta. Le parole possono costruire ponti o scavare fossati, aprire spiragli di luce o chiudere ogni via d’uscita.“Respirare” è una parola bella, evocativa. Ha in sé la potenza del cambiamento e la speranza di un tempo nuovo. Basta saperla utilizzare, con rispetto e consapevolezza.
Grazie, Presidente Mattarella.
Grazie. Di cuore.
Questo articolo è stato scritto il mercoledì, Gennaio 1st, 2025 at 18:50
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