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Panpenalismo

Panpenalismo

C’è una parola che rischia di diventare di difficile comprensione, una parola da addetti ai lavori, e che, una volta esplicitata, tutti penseranno — senza però dirlo apertamente —: “Ma a me non interessa.”
La parola è panpenalismo, ed è una tendenza ideologica e giuridica che porta ad estendere eccessivamente l’ambito di applicazione del diritto penale. Si ricorre alla pena per affrontare e risolvere ogni tipo di problema: sociale, economico o culturale.

Roba da addetti ai lavori, si dirà. Roba che, invece, ci riguarda da vicino. Molto da vicino.
Questo governo, per esempio, continua a produrre nuove norme penali giustificandole con il fatto che “lo chiede il popolo”, utilizzando la giustizia penale per guadagnare quel consenso politico del “qui e ora”, soprattutto in risposta a fatti di cronaca.

Qualche esempio?
Il femminicidio? Condanniamo tutti all’ergastolo.
Ci sono ragazzi che ballano e bevono? Inventiamoci il reato contro i rave.

Di contro, si demonizzano le pene alternative alla detenzione, anche — e soprattutto — per reati minori, che potrebbero benissimo essere risolti con la mediazione penale o con la messa alla prova.
La soluzione del panpenalismo è una sola: il carcere. Quelle mura sono viste come la risposta migliore per tutti i reati, nessuno escluso.

Questa voglia matta di carcere, nel lungo periodo, produce effetti che, a mio avviso, sono devastanti: punire in maniera eccessiva non significa ridurre i reati.
Promettere l’ergastolo per ogni donna uccisa non porterà, purtroppo, all’eliminazione dei femminicidi.
Mettere in carcere chiunque comporta il sovraffollamento degli istituti penitenziari, e da anni l’Italia ne soffre.
In carcere, poi, finisce sempre chi vive ai margini o appartiene alle fasce più deboli della popolazione.
Lentamente, si assiste a una vera e propria erosione delle garanzie costituzionali.

Come se ne esce?
Una soluzione sarebbe quella di “togliere” ai populisti la politica penitenziaria e porre finalmente in essere la riforma dell’ordinamento penitenziario, che attende di essere pienamente attuata dal 1975.
Avviare una forte depenalizzazione, scommettere sulle misure alternative alla detenzione, provare a non far marcire le persone all’interno di un penitenziario senza fare nulla per anni, sperando che tutto si risolva per inedia.

Quei detenuti, quei condannati, quei cittadini, prima o poi, dal carcere usciranno. E dovremo trovare delle risposte al perché ci siamo accaniti nei loro confronti.
Uno Stato forte, democratico, liberale, lungimirante, non si vendica e non arriva al panpenalismo.
Uno Stato forte, democratico, liberale, lungimirante, pone le basi per una politica inclusiva, che ha bisogno di un tempo ragionevolmente lungo e che non può rispondere solo alle esigenze di bottega.

Un buon politico è colui che sa disegnare orizzonti, non chi si limita a farsi un selfie con quelli che gli passano accanto.
I sorrisi, con il carcere, con la sofferenza, c’entrano davvero molto poco.

18:03 , 7 Maggio 2025 Commenti disabilitati su Panpenalismo