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Le parole per non dirlo

Le parole per non dirlo

Cussa cosa.
A casa si è sempre chiamato così. Zia Maria era morta per “cussa cosa”, anche zio Tonino e nonno. Un’amica di mamma, una cugina lontana, una parente quasi dimenticata.
“Cussa cosa”. Quella cosa.
Si è sempre avuto timore reverenziale per il cancro e negli anni si è riuscito a chiamarlo “tumore”. Non di più.
Mi ha colpito che la principessa Kate abbia usato, senza troppi giri di parole, quella più dura, incisiva; quella per la nostra famiglia “sbagliata”, che non si doveva mai pronunciare.
“Ho il cancro”, ha detto Kate e, di colpo, è diventata terrena, vicino ai suoi sudditi (si chiamano ancora così da quelle parti), vicino a tutti noi. Come zia Maria, zio Tonino, le amiche vicine e lontane. Si muore per mille motivazioni e si muore perché si nasce, ma morire di “cancro” è qualcosa che ancora colpisce, ci porta ad abbassare la guardia anche con il peggior nemico.
In carcere, alla fine degli anni ’80, si moriva di AIDS e anche in quel caso era un’ammissione terribile. Si preferiva dire “quella malattia” e la paura, a quei tempi, era avvolgente. Perché l’AIDS era contagioso, il cancro, invece, è qualcosa di tuo, che non puoi condividere con nessun altro.
Kate, a suo modo, ci ha suggerito una strada: quella di usare le parole giuste, vere; un passaggio fondamentale per affrontare la malattia: riconoscerla per quello che è. Una curva inattesa, una salita non ricercata, una fermata non obbligatoria.
Così, le parole per non dirlo non aiutano. “Ho il cancro” non significa aiutatemi, commiseratemi, comprendetemi. Significa, più semplicemente: ho una malattia che devo affrontare. Anche se, sotto la polvere della nostra anima, continuiamo a chiamarlo “cussa cosa”.
E maledirla.

16:23 , 24 Marzo 2024 Commenti disabilitati su Le parole per non dirlo