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Il nostro 25 aprile.

Il nostro 25 aprile.

Quanto siamo distanti da quel 25 aprile del 1945, un’epoca che sembra relegata nei libri di storia, come le antiche faide tra Guelfi e Ghibellini, o le epopee della Guerra dei Cent’anni e della scoperta dell’America. Ci dicono che è solo polvere accumulata, muffa su muffa.
Eppure, sorridiamo, assorti nei nostri cellulari: selfie con gli amici, apericene, partite di calcio. Ci vantiamo di una libertà che sembra ci sia stata consegnata insieme allo smartphone, come se fosse un’applicazione in più da scaricare. Ma quanto siamo lontani da quel 25 aprile, e ancor più dal 10 giugno del 1924, il giorno in cui fu assassinato Giacomo Matteotti. Eppure, persiste quella litania stolta di chi vorrebbe relegare la storia del fascismo e dell’antifascismo a semplice polvere e muffa. Ma non è così.
Non è un concetto obsoleto, ma il fondamento della libertà che oggi rivendichiamo così ardentemente, della privacy che proteggiamo, del desiderio di vivere indisturbati. Questi diritti affondano le radici in quel giorno di liberazione. Vi invito a leggere e rileggere, a cercare su Wikipedia, a interrogare l’intelligenza artificiale: informatevi su chi era Giacomo Matteotti, su chi era Benito Mussolini, su chi erano i fascisti. Domandate chi ha scritto la Costituzione italiana. Non troverete polvere né muffa, ma il sangue di coloro che, forse ingenuamente, ci hanno lasciato in eredità la possibilità di ignorarli, di coloro che hanno creduto nella libertà, nella patria, nel futuro, nella vita. Che hanno creduto in noi, anche quando ci limitiamo a scrollare le spalle di fronte ai ricordi di un paese antifascista per costituzione e per scelta, quando sospiriamo al ricordo di Matteotti, delle Fosse Ardeatine, di Sant’Anna di Stazzema, di Marzabotto. Questi non sono eventi superati, non sono solo polvere e muffa.
È un errore pensarlo, è vergognoso credere che il 25 aprile sia una festa come le altre, è indegno dire che tutto è polvere e muffa. La memoria è viva, e dobbiamo onorarla.
Il fascismo è, come Antonio Scurati ha saggiamente osservato, un “irrimediabile fenomeno di sistematica violenza politica, omicida e stragista”. Ecco la vera differenza tra fascismo e antifascismo. Non osate dire che “Bella Ciao” sia un inno comunista, perché allora dovreste rivedere la storia e scoprire che i partigiani provenivano da tutti i partiti, tranne quello fascista, partiti che poi avrebbero redatto la nostra Costituzione. I fascisti non hanno liberato l’Italia; l’hanno oppressa con anni di regime autoritario, di violenza squadrista, hanno messo a tacere i giornali, hanno negato all’opposizione la possibilità di parlare, di contestare, di esprimere il proprio punto di vista.
Si è fascisti o si è antifascisti, la distinzione è netta, semplice. Il 25 aprile è la festa di coloro che hanno combattuto e creduto in un futuro migliore, una festa per tutti, anche per coloro che hanno sostenuto il fascismo. Ditelo con un sorriso sincero, in nome di una patria che ha visto versare tanto sangue innocente quanto colpevole. Ditelo anche per i vinti, per coloro che si sono trovati dalla parte sbagliata della storia. Ditelo, voi che tentennate e liberatevi, una volta per tutte, di questo pesante fardello. Non è passato troppo tempo, non siamo in un’era geologica. La storia è qui, adesso, e continua a vivere in noi.
Non parliamo di epoche remote come quelle dei Vichinghi o degli Unni, né di Annibale o dell’Impero Romano. Parliamo di un passato che è quasi ieri, un passato che non può essere ridotto a polvere o muffa. Cantiamo con forza quella meravigliosa “Bella Ciao” e sentiamoci finalmente liberi. Tutto sembra semplice e facile, come il diritto di acquistare un’auto, un forno elettrico o un cellulare. Ma la libertà, quella vera, non si compra; si conquista con impegno e sacrificio. Questo è il punto cruciale. Non è polvere, non è muffa. È il sangue che non si è mai asciugato, sono le lacrime che hanno inizio il 10 giugno 1924 e che si intrecciano nella storia fino al 25 aprile 1945.