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Facebook e Macondo

Facebook e Macondo

Ci piacerebbe, in fondo, far parte di un villaggio fantastico come Macondo nei suoi primi anni dove, quando c’erano circa trecento abitanti, era davvero un paese felice dove nessuno aveva più di trent’anni e dove non era morto nessuno. Un mondo dove le cose non esistevano e si scoprivano grazie a Melquiades, lo zingaro con le mani di passero che portava nel paese tutte le novità del mondo esterno.
“Le cose hanno vita propria” proclamava lo zingaro, “si tratta soltanto di risvegliargli l’anima”. Bello il mondo di Macondo dove la scienza aveva eliminato le distanze e dove non esisteva neppure il cimitero perchè, all’inizio, non era ancora morto nessuno.
Josè Arcadio Buendìa desiderava fuggire da Macondo e tentò, un giorno, di convincere sua moglie Ursula dicendogli che “non si è di nessuna parte finchè non si ha un morto sotto terra”.
Ma poi, entrambi rimasero in quel paese sospeso, dove arrivò la peste dell’insonnia e dove tutto era fantastico e colorato.
Ecco, Macondo ricorda, per alcuni aspetti Internet e, più propriamente facebook dove tutti sembrano amici e dove tutti, con molta tranquillità e, a volte, con una buona dose di sfacciataggine, cliccano “Mi piace” senza neppure leggere fino in fondo quello che il suo amico virtuale scrive. Perché poi quando un uomo, una donna, un ragazzo scrive la frase terribile “mi uccido, vi lascio” non puoi e non devi scrivere “mi piace” o aggiungere una faccetta triste o scrivere frasi sconnesse come “mamma mia, mi dispiace”. Sembra quasi che dentro Macondo tutto può accadere e nessuno si fa male. Nessuno muore.
Si ha sempre la necessità di scrivere qualcosa solo perché non sopportiamo il peso della coscienza. Ma anche a Macondo ci fu il primo morto, fu proprio quel Melquiades, zingaro folle e visionario.
Fu sepolto, da solo, in un grande terreno e di lui rimase solo una scritta: Melquides. Una sorta di diario virtuale che, lentamente, sarebbe scomparso. C’è sempre molta musica intorno a Macondo, animali felici che ci ricordano quanto sono attenti gli umani a gatti, cani e passerotti vari.
C’è sempre molta ilarità dentro Macondo, tra faccine sguaiate e sorridenti. Di tanto in tanto c’è un boato di silenzio e un urlo che seppure appare così forte e chiaro nessuno è in grado di sentirlo.
Usiamo facebook per le nostre miserie e i nostri vuoti. Ma nessuno se ne accorge. Dovremmo, come a Macondo, provare a costruire la macchina della memoria che si basava sulla possibilità di ripassare tutte le mattine, e dal principio alla fine, la totalità delle nozioni acquisite nel corso della vita. Ma su Internet non c’è più il visionario Josè Arcadio Buendìa e il baratro di un suicidio, di un urlo silenzioso passa quasi inosservato tra cani, gatti e piccoli mi piace.
Quando anche noi, saremo davanti al plotone d’esecuzione (in senso squisitamente letterario, per carità) ci ricorderemo di quel remoto pomeriggio in cui leggemmo qualcosa di incomprensibile nel villaggio di Internet e riuscimmo a scrivere solo ed esclusivamente “mi piace”.

17:25 , 5 Aprile 2024 Commenti disabilitati su Facebook e Macondo