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chi ha paura del facebook cattivo

chi ha paura del facebook cattivo

Comunicare, di questi tempi, è diventato sempre più difficile e complesso. Una volta, per esempio, bastava il quotidiano, quel foglione enorme che pareva un lenzuolo, dove le notizie venivano lette, commentate, centrifugate a casa e al bar. Poi arrivò la televisione e il suo telegiornale (il comunicato, lo chiamava nonna, quasi a dare alla notizia una gravità solenne) le immagini che accompagnavano le parole. Si commentava tutto all’interno delle mura domestiche e nei bar, nelle piazze, nelle assemblee. Ci fu un momento – la metà degli anni settanta – dove qualcuno cominciò a parlare di controinformazione. Erano gli anni di Feltrinelli, delle prime brigate rosse, dei volantini distribuiti nelle fabbriche e nelle scuole dove si voleva, in qualche modo, raccontare un’altra verità, un altro punto di vista rivelatosi poi completamente errato nell’analisi. Il mondo lentamente si globalizzava, si cominciava a non credere più alle verità ufficiali, quelle dei giornali e, soprattutto, di certi giornali, delle mezze verità scritte sulle veline (che non erano donnine discinte e oche, ma notizie tendenziose scritte su una carta finissima, la carta velina appunto) i complotti, i depistaggi, le vergognose inchieste di qualcuno e le coraggiose prese di posizione di qualcun altro. L’informazione stava crescendo, si stava evolvendo. L’avvento di internet è solo l’amplificazione delle notizie, dell’esposizione globale, della possibilità che le cose che accadono vengano rimbalzate con un tweet dall’altra parte del mondo. Tutti sono in grado di sapere e tutti sono in grado di comprendere. Chiaro che, come il coltello, Internet si può utilizzare per tagliare il pane o uccidere un uomo. Ma non possiamo demonizzare l’oggetto. Semmai dovremmo parlare del soggetto che lo usa. Capita, quindi, che in un famoso social-network (per essere precisi Facebook) un ragazzo decida di uccidere la moglie e decide di farlo sapere all’universo mondo postando una frase poco edificante nei confronti della povera vittima. Subito dopo e incredibilmente compie l’insano gesto. Il post (prima di essere oscurato, giustamente, da facebook) riceve quasi 250 mi piace. Qualcuno, indignandosi, paventa un universo cattivo, dove verrebbero spazzate le nostre certezze e dove un futuro senza giornali e senza urne elettorali sembra proprio dietro l’angolo. Non sono d’accordo e sappiamo che non è così. Il social network rappresenta, in maniera direi quasi scientificamente esatta, la popolazione del nostro paese e, direbbero i colti, è lo specchio della società. Una società fatta di brave persone, onesti lavoratori, sognatori, stupratori, assassini, avvocati, notai, ragazze con la voglia di mostrarsi, ragazzi con la voglia di guardare, maleducati, poeti, navigatori, forse qualche santo e molte parole. Dentro facebook, per esempio, ci siamo anche noi. Che proviamo da oltre un anno a scrivere in maniera essenzialmente diversa da altri media, soprattutto dalla carta stampata che, da una parte ci regala la personalistica “morale quotidiana” gonfia di anatemi contro il mondo di internet cosparso di lupi cattivi, e dall’altra costruisce le notizie come sempre ha fatto: occultandone alcune, enfatizzandone altre. Secondo un quotidiano sardo, per esempio, le ragazze a Cagliari, avrebbero bisogno di essere scortate perché rischiano ad ogni angolo della città una molestia che potrebbe, se trascurata, scaturire in una violenza carnale. Gli stessi giornali così a favore della “donna”, in prima fila contro ogni genere di sessismo, riescono a piazzare nei loro inserti estivi ragazze bellissime e seminude che compaiono con più frequenza anche nelle loro pagine di internet. E già, perchè poi, su internet, guarda caso, l’informazione della carta stampata esiste eccome. Che pubblica le notizie, contribuendo quindi ad informare il navigatore, ma non disdegnando di raccontare cose “piccanti” tranquillamente dimenticate negli editoriali “pontificali”. Internet non è il campo di battaglia dove i buoni si devono difendere dai post di qualcuno. Il fenomeno è sicuramente più complesso e meriterebbe un’analisi più attenta. Non ci sono però notizie nobili – quelle della carta stampata – e notizie spazzatura, quelle di Internet o di facebook. Ci sono giornalisti e ci sono i cialtroni, ci sono persone che scrivono e si informano e meditano e ci sono quelli che urlano, scalciano, tirano i pugni, passano con il rosso, scrivono sciocchezze. Le persone adulte sanno distinguere il tutto, sanno comprendere, sono in grado di capire che esistono giornali e giornalisti indegni (il caso Boffo o il buon Betulla insegnano) e il “mi piace” messo a volte a caso su Facebook non può portarci a dire che il mezzo è cattivo. Siamo noi che ci muoviamo in internet nella stessa misura in cui lo facciamo nel mondo reale. Il “mi piace” su quell’assassino è assolutamente assurdo e disdicevole. Come il “mi piace” sul corpo ben modellato di una ragazza che compare, di tanto in tanto nelle pagine dei quotidiani. Quel mi piace però oltre ad avere l’approvazione di alcuni lettori (anche se, chiaramente, sul quotidiano non c’è il famoso bottone con il dito all’insù) ha anche quella preventiva di chi ha deciso di far pubblicare la foto “osè” sul suo giornale. Ecco, questo modo di fare giornalismo, sinceramente non mi piace proprio per niente.

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    chi ha paura del facebook cattivo | Giampaolo Cassitta – Giampaolo Cassitta