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Brusca

Brusca

Capisco che le mie parole possano non essere condivise da tutti, ma partono da un presupposto semplice, che dovrebbe essere universale: la legge è uguale per tutti. Giovanni Brusca compreso.

È inutile urlare alla vergogna, ai gesti terribili che quest’uomo ha compiuto, al pulsante del telecomando che fece saltare in aria la scorta, il giudice Falcone e sua moglie. È inutile girarci attorno, quando quella legge è stata approvata da un Parlamento democraticamente eletto.

Le leggi si possono (e, a volte, si devono) cambiare. La prossima volta, però, più che urlare, forse è meglio andare a votare chi, nel nome del popolo italiano, ci rappresenterà.

Tornando a Brusca: è libero perché la sua pena detentiva si è conclusa (era, a dire il vero, in libertà vigilata da qualche anno, senza che nessuno, al bar dei social, urlasse). E quella legge che ha accolto la sua confessione e la sua collaborazione con lo Stato è una legge fortemente voluta da Giovanni Falcone.

Con quella legge, il giudice siciliano riuscì a costruire il rinvio a giudizio, redatto in larga parte sull’isola dell’Asinara insieme a Paolo Borsellino. Buscetta fu un personaggio fondamentale per capire dall’interno il fenomeno mafioso, e grazie alla collaborazione di Brusca ci furono numerosi arresti e venne smantellata l’ala più stragista di Cosa Nostra.

Lo so, umanamente è difficile da accettare. E anch’io non sorrido davanti alla libertà concessa a una persona che si è macchiata di orrendi delitti. Lo so: ci sono le vittime, e c’è un dolore infinito che nessun ergastolo potrà mai lenire. Lo so bene.

Ma lo Stato non si vendica. Lo Stato utilizza tutti i mezzi a sua disposizione per proteggere i cittadini. Questa legge era sacrosanta. Accettarla è difficile, ma – in questo caso – necessario.