
Vorrei chiedere al ragazzo che ha avuto l’idea — agghiacciante, inspiegabile — di inventarsi un sondaggio in una chat scolastica, in cui si chiedeva chi tra Giulia Tramontano, Mariella Anastasi e Giulia Cecchettin “meritasse di più di essere uccisa”, una sola, semplice, ma devastante domanda: perché?
Ha cancellato subito, si è scusato, ha detto di aver capito. Ma non basta. Quella non era una leggerezza, non era una “bravata”, non era un errore da archiviare con un’alzata di spalle. Quella era — ed è — la classifica dell’orrore. E ancora più inquietante è sapere che due suoi compagni hanno risposto. Hanno partecipato. Hanno scelto. Ma la domanda, la sola che continua a bruciare, resta: perché?
Per quale maledetto, distorto, mostruoso motivo ha pensato che potesse essere “divertente”?
Perché ha usato il suo tempo, la sua intelligenza, la sua connessione internet, per concepire e poi pubblicare qualcosa di così profondamente disumano?
Cos’è successo nel frattempo? Dov’è finito il senso della misura?
Perché questi ragazzi non percepiscono più il confine tra realtà e abisso? Il Ministro ha parlato di punizioni esemplari. Ma a cosa serve una sospensione o un brutto voto in condotta?
Qui il problema è profondo, radicato, culturale. Gira tutto intorno al cellulare, ai social, al bisogno ossessivo di essere visti, notati, “protagonisti”.
Ma è un protagonismo falso, malato. È solo lo specchio dell’inutile violenza di gesti vuoti.
È, in parole povere, una catastrofe educativa. È l’assenza del rispetto, della coscienza, dell’empatia.
È la prova che questi ragazzi vivono dentro un videogioco senza regole, convinti che la morte sia un passaggio momentaneo, e che da qualche parte — magari con una carta di credito — si possa “comprare una nuova vita”.
A quel ragazzo, oggi, auguro una sola cosa: di rendersi conto. Di capire l’abisso in cui ha messo piede. Lo costringerei, come unica punizione , ad incontrare i familiari delle vittime e spiegare perché ha deciso di pubblicare quell’orrore. Di provare a spiegare. Senza nascondersi. Senza abbassare lo sguardo. E forse, solo allora, potrà iniziare a comprendere cosa significa umanità.