 
C’è molto di “vorrei ma non posso” nella risoluzione comune su Gaza firmata dall’Unione Europea. Al di là delle divisioni politiche (lecite e prevedibili), nel documento si condanna il blocco degli aiuti umanitari a Gaza da parte del governo israeliano, che ha provocato una carestia, ma non si afferma esplicitamente che si tratta di un trattamento inumano. Si chiede di ripristinare con urgenza il mandato e i finanziamenti dell’UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) ma, pur opponendosi all’attuale e vergognoso sistema di aiuti gestito dalle forze israeliane, non si propone alcuna sanzione immediata contro Israele.
Si invitano (e non si obbligano) gli Stati membri a “valutare la possibilità di riconoscere lo Stato di Palestina nell’intento di realizzare la soluzione dei due Stati”, ma anche qui il testo rimane sul vago, lasciando a ciascun Paese la decisione di muoversi in piena autonomia. Risultato scontato: non tutti riconosceranno la Palestina.
Nel documento si chiede un cessate il fuoco immediato, il minimo sindacale. Ma come ottenerlo? Invitando gli Stati membri ad avvalersi della loro influenza diplomatica per fare pressioni su Hamas affinché liberi tutti gli ostaggi. Letto in controluce, l’appello appare destinato a cadere nel vuoto: da un lato è solo una richiesta “diplomatica”, dall’altro si tratta di una missione impossibile.
Il Parlamento riconosce “l’inalienabile diritto all’autodifesa di Israele” nel rispetto del diritto internazionale, ma tace sui raid condotti violando lo spazio aereo di Paesi estranei al conflitto, e soprattutto evita di indignarsi per una “autodifesa” che da tempo è diventata un attacco indiscriminato contro persone inermi e disarmate.
Nel testo compare anche la sterile minaccia di sospendere (ma non accadrà) il sostegno bilaterale dell’Ue a Israele e di congelare parzialmente (guarda caso) l’accordo commerciale Ue-Israele. Nessun passaggio, invece, sul genocidio in atto: la parola stessa destava troppa preoccupazione in alcuni schieramenti politici.
Il risultato è un compromesso annacquato, simbolico più che concreto, che non scontenta nessuno e non serve a nessuno. Netanyahu può sorridere. Trump può sorridere. Entrambi sanno che l’Europa ha prodotto una risoluzione che, nei fatti, non cambia nulla. La sospensione del sostegno bilaterale a Israele? Solo un accenno. Il congelamento degli accordi commerciali? Accenni simbolici. La parola genocidio? Impronunciabile.
Alla fine, l’Europa partorisce un documento che può essere definito solo così: Favole Unitarie, Fittizie, Fuorvianti, Ambigue.
In una sola parola: FUFFA.

