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Scarpe

Scarpe

Guardate le scarpe.
Immaginate la strada che hanno percorso: quanta pioggia, quanta polvere, quanto fango hanno raccolto.
Molti pensano che bisogna guardare gli occhi delle persone. Ma non basta.
Sono le scarpe a raccontare la vita delle donne e degli uomini.
Sono loro che dettano i passi dell’esistenza.

Quelle di Francesco erano diverse.
Meglio: erano normali.
Normali come le nostre.
Scarpe che si arrampicano negli interstizi dell’esistenza, che corrono, inciampano, rincorrono.
Scarpe che assistono all’amore, che ascoltano la speranza, che arrotondano gli spigoli dei marciapiedi.
Scarpe gonfie di sudore e di sabbia.
Di favelas.
Di saloni regali e papali.
Di scale e scalette, da Santa Marta al Vaticano.

Quelle scarpe ha voluto Francesco.
Quelle. E non altre.
Quelle perché raccontavano il suo lungo cammino.
Il cammino di un uomo che ha voluto farsi chiamare Francesco e, come quel pazzo giullare di Dio, ha camminato sulle strade delle opportunità con scarpe consunte, levigate dalla sofferenza e dalla vitalità.

Con quelle scarpe si è presentato da qualche parte.
E ha aspettato.
Ha aspettato che fossero quelli senza giacca e senza cravatta nera. 

Quelli senza ipocrisia, e con molta strada sbagliata davanti.
Ha voluto che fossero loro a dargli l’ultimo saluto.

Lui, con quel nome più bello di un Vangelo.
Lui, con tutta la polvere del mondo.
Lui, e le sue scarpe.
E nient’altro.