
Della neonata rapita conosciamo qualche tassello in più e, a quanto pare, il marito Moses Aqua dovrebbe essere completamente estraneo alla vicenda: “Ho fatto tutto da sola”, ha dichiarato sua moglie Rosa Vespa. L’uomo è stato scarcerato perché ha affermato di essersi accorto che quella bambina non poteva essere sua figlia solo quando erano giunti a casa per festeggiare e subito dopo è arrivata la polizia.Mi chiedo: ma come avrebbe potuto giustificare il cambio di sesso del nascituro? Come avrebbe potuto giustificare il nome? È chiaro che stiamo parlando di qualcosa di terribile, di abissi legati a situazioni probabilmente psichiatriche, anche perché, oggettivamente, la storia non avrebbe mai potuto reggere da nessun punto di vista.A margine, inoltre, non ha mai pensato, nella sua assurda lucidità, a quanto male potesse arrecare ai genitori della povera bambina.A volte è difficile comprendere i gesti, le scelte, le motivazioni che portano a incontrare un ignoto distruttivo. Non è importante soppesare la colpevolezza. È più importante, a mio avviso, interrogarsi sul vuoto che ci attanaglia, sui processi di solitudine, sulle aridità quotidiane che portano certe fragilità a compiere gesti estremi, assurdi, inconcepibili e ingiustificabili.Forse, la domanda che dobbiamo porci va oltre il carcere. Servirebbe in prima analisi un programma terapeutico mirato per Rosa Vespa, per affrontare le sue fragilità e i suoi disturbi. Inoltre, si dovrebbe considerare un percorso di giustizia riparativa. L’incontro tra Rosa Vespa e la madre della bambina rapita potrebbe essere fondamentale. Questo incontro non solo permetterebbe a Rosa di comprendere le paure e i dolori della vera madre, ma le offrirebbe anche l’opportunità di riflettere sull’importanza dell’amore autentico, che non può mai essere possesso. Solo attraverso tale percorso si potrebbe iniziare a sanare le profonde ferite causate da questo terribile gesto.#riparazione#mediazionepenale#GiustiziaRiparativa@follower @mettere in evidenza #giampaolocassitta