
Tutto sta precipitando negli abissi dell’incomprensione, della disumanità, della cecità feroce con cui gli uomini di potere fissano il mondo: sguardi scolpiti nell’odio, nell’indifferenza più gelida verso interi popoli inermi. Non è più, semplicemente, una questione di guerra o di pace. È l’intero impianto morale e politico dell’umanità che va ripensato. È necessario, ormai, riscrivere le regole di questo maledetto gioco — un gioco criminale — che ci sta trascinando verso l’abisso di una guerra totale.
Papa Francesco, con lucidità profetica, aveva già colto i segnali: questa è una terza guerra mondiale combattuta a pezzi. E il rischio, ogni giorno più concreto, è che quei pezzi si saldino in un’unica esplosione di follia, orchestrata da chi pianifica la distruzione come strategia, da chi misura il potere col numero dei morti. Se ciò accadrà, la guerra tornerà a manifestarsi in tutta la sua natura: folle, atroce, bastarda, inutile. Come ogni guerra.
Non basta più dire “basta”. Le parole si sono consumate. Il delirio di onnipotenza, la pretesa oscena di decidere con le armi il destino di interi popoli, sta diventando norma. È l’atrofizzazione dell’anima. Siamo giunti al tramonto della speranza, al disfacimento dell’illusione che almeno noi, almeno una generazione, potessimo attraversare la vita senza assistere all’orrore assoluto.
Tutto precipita, e lo fa nel silenzio generale, nel rumore assordante dei muscoli esibiti e dei cuori spenti.
Non fatelo, almeno, in mio nome.
Io — sappiatelo — da uomo, da cittadino, da italiano, da patriota, sarò il primo disertore.