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Il senso del ridicolo

Il senso del ridicolo

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Non so voi, ma tutta questa storia del Quirinale contro il Governo mi lascia alquanto perplesso. Sembra davvero che le chiacchiere da bar debbano, per forza, diventare argomento di discussione sui quotidiani, invece di restare quello che sono: discorsi in libertà, frivolezze tra amici.
Non entro nel merito, anche perché Garofani, il consigliere del Quirinale, ha subito dichiarato che si trattava di chiacchierate informali. Se così fosse, però, viene spontaneo chiedersi chi sia stato l’amico così solerte da correre a confidare tutto all’arguto Belpietro, che immediatamente ha pensato bene di confezionare un articolo roboante e un titolo al vetriolo contro il Colle.

Mattarella non l’ha presa bene. Non ricordo altre dichiarazioni ufficiali del Quirinale, dal 1946 a oggi, in cui compaia la parola “ridicolo”. Quel richiamo allo stupore – termine edulcorato e molto quirinalesco – che sconfina nel “ridicolo” la dice lunga su dove siamo precipitati.

Lo stupore, però, dura un attimo. Almeno per me, abituato da tempo a non stupirmi più di nulla. Tanto tutto passa e tutto sarà dimenticato. Ma, almeno credo, resterà a lungo il senso del ridicolo. Usatelo come preferite. E chiedetevi se quel termine, contenuto nella nota del Quirinale, valga certamente per la richiesta di Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia, ma non debba valere anche per la danza sconsiderata del “chi non salta comunista è”, per le dichiarazioni di Giorgia Meloni sui centri in Albania (“fun-zio-ne-ran-no!!!”), per il consenso obbligatorio dei genitori alle lezioni di educazione sessuale nelle scuole, per la narrazione di un’Italia in crescita stratosferica (quando in realtà siamo a crescita zero). Solo per citare alcuni fulgidi – parola tornata curiosamente di moda – esempi.

Ecco, usatelo come credete. Ma se pensate davvero che la nazionale di calcio abbia perso con la Norvegia per colpa della sinistra che avrebbe distrutto il patriottismo, allora il senso del ridicolo sta diventando un problema serio. Forse troppo.