Ricordo il commento di un detenuto quando gli venne confermato l’ergastolo: «Non è poi la fine del mondo».
Il suo ottimismo era quasi commovente, soprattutto di fronte alla prospettiva di dover finire la vita tra le sbarre.

Ho ritrovato quello stesso metro di giudizio in Giorgia Meloni che, dopo una serie di vicissitudini, ha continuato – con un mantra quasi mistico – a ripetere che i centri in Albania funzioneranno.
È l’ottimismo della volontà, laddove più che il pessimismo della ragione sarebbe necessario il realismo della ragione stessa, che dovrebbe consigliarle prudenza. Ma lei è fatta così: è ottimista. Il suo è un mondo bellissimo, dove tutto funziona; e se non funziona, funzionerà; e se non funzionerà, sarà colpa dei giudici.

Un altro detenuto, raccontandomi la sua rapina, mi disse che appena usciti dalla banca si trovarono davanti molti poliziotti, a mitra spianati.
«Sfortuna», provai a dire io.
«No», rispose serafico. «Più che sfortuna… avevamo provato e riprovato il colpo senza tener conto che la polizia aveva le telecamere attive puntate sulla banca».

A volte è difficile prendersi le proprie responsabilità.
Ma nel caso dell’Albania, prendersela con i giudici che hanno semplicemente applicato la legge mi sembra davvero esagerato.

Bisognerebbe seguire il consiglio di Fabrizio De André:
«Prima cambiare i giudici e subito dopo la legge».

Riusciranno i nostri eroi?
Meglio: ri-u-sci-ran-no?