Parlate troppo e sempre di Gaza.
Forse è vero: dovremmo anche occuparci dei “dintorni”, dove guerre e atrocità non mancano, purtroppo. Gaza è il piccolo barlume che serve per discutere di pace, disarmo, mediazione, dialogo. Parole che sembrano non essere più conosciute negli scenari di guerra.
Negli ultimi giorni, il dramma umanitario in Sudan ha assunto proporzioni ancora più strazianti. Nella città di El-Fasher, nel Nord Darfur, le forze paramilitari note come RSF (Rapid Support Forces) hanno preso il controllo dopo un lungo assedio e, secondo numerosi testimoni e organizzazioni umanitarie, avrebbero commesso un vero massacro: oltre 1.500 civili uccisi in pochi giorni, con esecuzioni sommarie, saccheggi, raid casa per casa, attacchi contro chi tentava di fuggire. Come sempre, con la stessa sistematica barbarie, con la stessa lucida cattiveria.
Si è parlato di “atrocità che non sono atti incidentali di guerra, bensì parte di un disegno sistematico” per terrorizzare e punire popolazioni civili, in particolare appartenenti a gruppi etnici “non arabi”.
In Sudan è in atto una guerra civile tra l’esercito (SAF) e le RSF, iniziata nell’aprile 2023. Ha già causato decine di migliaia di morti e spinto oltre 14 milioni di cittadini a sfollare internamente o a diventare rifugiati oltre confine. Il conflitto si è diffuso su più fronti: nel Darfur, in Kordofan, nel Nord e nelle aree rurali, con attacchi contro ospedali, scuole, campi di sfollati e infrastrutture civili.
Nessuno ne parla, e sono pochi i giornali italiani che illuminano – anche solo per un attimo – questo scenario di guerra. Uccidono come a Gaza, come in Ucraina, come in tante altre parti del mondo. Attaccano gli ospedali, muoiono persone inermi, alla faccia del diritto internazionale umanitario che, di fatto, non esiste più.
Muoiono donne, bambini, anziani, personale medico e volontari. Ci sono violenze sessuali, esecuzioni sommarie in moschee o lungo le vie di fuga, ostacoli all’accesso degli aiuti umanitari. Come a Gaza, come sempre.
Anche in Sudan fame e denutrizione si aggravano, specialmente tra i bambini.
Ciò che sta accadendo non è un conflitto “normale” tra eserciti, ma una campagna condotta in parte contro i civili stessi, con obiettivi di punizione, pulizia territoriale e terrore. Lo Stato di diritto è collassato, l’impunità sembra prevalere e migliaia di innocenti pagano con la vita.
Dove sono gli Stati Uniti, l’Europa e soprattutto l’ONU?
Abbiamo il dovere morale e legale di intervenire per fermare questi massacri, proteggere la popolazione, garantire accesso umanitario e giustizia per i responsabili.
Ecco quello che accade nei dintorni di Gaza.
Ecco perché Gaza è il punto di partenza che serve per tenere accesa la fiaccola della speranza.
Noi dovremmo intervenire e non dovremmo — come spesso accade — fornire armi agli assassini.
Facciamo questo, invece, e dovremmo vergognarcene. Ecco perché dovremmo parlare di Gaza e dintorni. Tutti i giorni. Ma non lo facciamo. Siamo occupati in altre cose. E mancano 54 giorni a Natale.
