Non so a chi sia venuta l’idea (direi terribile) di chiamare Argo l’applicazione per la gestione amministrativa e didattica della scuola, ma pensare che si sia partiti (credo) dalla mitologia, scomodando il gigante dai cento occhi al servizio della dea Era, ha la sua perfidia.
Non ho molti elementi a disposizione: non ho figli o nipoti che vanno a scuola e non vivo l’ansia quotidiana di verificare cosa stia facendo il pargolo all’interno dell’aula scolastica.
Sono molto all’antica e, se fossi studente, probabilmente organizzerei uno sciopero contro questa enorme follia; e se fossi genitore (o nonno, fate voi) comincerei a scrivere una proposta di legge per abolirla.
È un occhio terribile: è contro la crescita confusionaria e rumorosa degli adolescenti, è un attentato alla libertà.
Ma dove sta scritto che i genitori debbano conoscere note e voti dei propri figli in tempo reale? Davvero si ritiene che questo sia utile e necessario al “controllo”?
Davvero siete così convinti che quel quattro in matematica, messo nell’applicazione ad uso e consumo dei genitori, possa far crescere il proprio figlio?
Non credo.
Non aiuta a gestire la sconfitta, perché quei genitori che puniranno il ragazzino lo faranno solo perché quel quattro è per loro sinonimo di disfatta.
E il figlio non potrà mai capire che dietro quel brutto voto era necessaria, invece, una discussione.
Se i genitori non l’avessero scoperto subito, probabilmente, in silenzio, avrebbe cercato di rimediare.
Ci saranno poi quelli che, invece, daranno la colpa al docente e penseranno che quel quattro sia una congiura nei confronti del pargolo, sentendosi in dovere di andare a recriminare.
Insomma, sarò fuori tema, saranno cose che non conosco, ma — vi prego — tutto questo fa a pugni con la pedagogia che, lo ricordo, è una parola bellissima: deriva dall’antico greco paìs (bambino) e agōgós (“colui che guida”) e significa, letteralmente, “guida del bambino”.
Argo è la distruzione della pedagogia.
Io, da vecchio pedagogista, sono contro i cento occhi dell’applicazione Argo.
I ragazzi hanno diritto ai segreti, a prendere quattro, a farsi una giornata di “ferie” o di “vela”.
Hanno diritto di crescere, hanno diritto di perdere e di non far sapere tutto, ma proprio tutto agli adulti e noi abbiamo il dovere di guidarli, non di essere il grande fratello.
