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Piazza

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Capisco che organizzare una grande manifestazione richieda tempo. Capisco sia complicato mettere d’accordo tutti  “i belli con i brutti”, come avrebbe detto Lucio Dalla. Ma fissare una mobilitazione nazionale per la pace il 7 giugno, a Roma, rischia di essere una beffa atroce. Una colossale presa in giro nei confronti delle donne e dei bambini palestinesi che continuano a morire ogni giorno sotto i bombardamenti, nel silenzio colpevole dell’Europa.
Sì, colpevole. Perché nessuno, dalle nostre parti, ha il coraggio di dire basta. Basta a questo massacro sistematico. Basta a questo genocidio che prende di mira un intero popolo. Basta con la retorica vuota che vorrebbe giustificare tutto in nome della “lotta ad Hamas”, mentre sotto le macerie di Gaza scompaiono intere famiglie, intere generazioni.

Scendere in piazza era — ed è — necessario. Non tra due settimane, ma ora. Ogni giorno, in ogni città.
Sono cresciuto camminando sui selciati delle proteste: alcune grandi, identitarie; altre più modeste, forse ingenue, viste oggi con lo sguardo disilluso dell’età. Ma tutte avevano un senso, una forza. La piazza serve. Serve il rumore, lo sdegno, lo stupore. Serve la rabbia civile contro l’indifferenza della politica internazionale, contro la sistematica scomparsa dell’ONU dai tavoli che contano. Serve per guardarci negli occhi e gridare: non in nostro nome. Non nel mio, non in quello del mio Paese, non in quello dell’Europa.

Queste righe, lo so, sono solo un post condiviso fra amici che la pensano come me, alimentato dall’algoritmo. Ma davvero pensiamo che si possa ancora aspettare?
Certo, molti diranno che “la gente ha altro a cui pensare”. Ma la morte di donne e bambini innocenti non è un dettaglio, non è un tema secondario. È la misura della nostra disumanità.

Dire “tanto non cambia nulla” è il modo più rapido per uccidere la speranza. È il veleno che paralizza ogni reazione.
Proviamoci. Ora. Perché “subito” rischia già di essere troppo tardi.

18:43 , 27 Maggio 2025 Commenti disabilitati su Piazza