
Colpisce – e non poco – il rapimento di una neonata, durato fortunatamente pochissime ore.
Il fatto, avvenuto all’interno della clinica Sacro Cuore di Cosenza, ha avuto come protagonista la piccola Lucia, sottratta alla madre con uno stratagemma da una donna che, portandola nella propria abitazione, aveva deciso di festeggiare la nascita della bambina, annunciata da tempo ad amici e vicini. La polizia, indagando e analizzando i frame delle telecamere, è riuscita a risolvere il caso in brevissimo tempo. Un commissario, giunto a casa dei sequestratori, ha chiesto dove fosse la bambina e, una volta presa in braccio, l’ha riportata alla sua madre naturale.
Una storia terribile, con un finale da libro Cuore: lacrime, melodramma, e un epilogo profondamente italiano. Ovviamente siamo tutti felici per la soluzione del caso e, per fortuna, la neonata non ricorderà nulla di questa brutta avventura che invece resterà impressa nella memoria dei poveri genitori.
Ho provato però a gettare lo sguardo oltre il baratro della disperazione che ha inghiottito i due sequestratori: una coppia adulta, lei di 51 anni e lui di 43, regolarmente sposati e senza figli, con l’ossessione di avere un bambino. Ho riflettuto sugli slogan che continuano a essere urlati: Dio, patria e famiglia. Tradizione, regolarità, coppie composte da un uomo e una donna. Tutti ingredienti che, in questa vicenda, erano presenti. Ma la chimica tanto celebrata dalla retorica non ha funzionato.
La realtà, come sempre, si discosta da ciò che vorremmo. Quella coppia, ora lacerata dalla colpa e dal rimorso, non è incompleta perché non è riuscita a generare un figlio. Lo è perché ha inseguito un’idea di perfezione sbagliata. Poteva adottare un bambino, per esempio, ma non lo ha fatto.
E questa, lasciatemelo dire, è una sconfitta per tutti. Nessuno escluso.
Questo articolo è stato scritto il mercoledì, Gennaio 22nd, 2025 at 16:12
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Tags: disperazione, famiglia, sequestro
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