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Lotta continua tra ideologie e terribili errori.

Lotta continua tra ideologie e terribili errori.

Il 1 novembre 1969 usciva il primo numero del quotidiano “lotta continua”. Molti non lo sanno, moltissimi non lo ricordano ma per me e per quali come me quel foglio rappresentava qualcosa di forte. Lo acquistai qualche volta negli anni “caldi”, quelli del 77. Leggevo Linus e Re Nudo ma anche “La Repubblica”. Sono stati anni dispari, sbagliati e furiosi.

Ne ho scritto in un libro “il piano zero” (arkadia 2011) e voglio riportare un passaggio dove il protagonista tenta di fare i conti con quel passato gonfio di ideologia e terribili svarioni. Per chi ha voglia e necessità di capire.

Perché i morti hanno tutti un nome e una loro identità, una storia incredibile da raccontare che nessuno ha voluto ascoltare, in questa frettolosa ricostruzione di quello che è stato l’attacco al cuore dello Stato. Solo oggi, a riguardarlo, quel cuore ci presenta pulsazioni anomale e i simboli colpiti erano decisamente lontani da quello che era il potere reale perché, quel cuore colpito oltre a pompare sangue dei Magistrati, dei vice Questori, dei giornalisti dei giurislavoristi aveva dentro le arterie i volti duri e coriacei degli uomini del popolo: agenti, poliziotti, carabinieri. Rappresentavano lo Stato, ma erano vene lontane, lasciate irrimediabilmente sole.  Non abbiamo neppure la forza di guardarci dentro e di chiederci dove eravamo e cosa stavamo facendo quando tutto questo è accaduto. Eppure, tutti siamo stati, in qualche maniera, partecipi. Qualcuno inconsapevolmente, ma non possiamo non riconoscere quei nostri modi di rapportarci, quegli stupidi proclami dentro le onde delle radio libere, quel lanciare invettive a sproposito, tentando di giustificare i compagni “che sbagliavano”. Noi, così convinti che Giangy Feltrinelli non era morto per un incidente, ma era stato ucciso e qualcuno – la polizia, gli sbirri di Stato – aveva portato il cadavere vicino al traliccio; tutti credevano che fosse una messa in scena, una farsa, per mettere in cattiva luce il movimento di estrema sinistra.
Noi, dalle nostre radio, con le nostri voci, con i nostri ragionamenti politicamente alti  non abbiamo mai avuto il coraggio di mettere in discussione quanto scriveva Lotta Continua, il quotidiano dei lavoratori, Re Nudo, il Mucchio selvaggio.
Noi, in quegli anni sporchi e opachi, avevamo il cuore nascosto e gonfio. Ma non abbiamo scelto la lotta armata. 
Non potevamo. Non dovevamo. 
Lo Stato si può modificare se diventi un ingranaggio dello Stato. 
Da dentro. 
Lo pensavo in quegli anni, insieme a Gianvittorio. Violetta, invece, lentamente spostava il baricentro andando a stanare, prosaicamente e inspiegabilmente,  il cuore dello Stato dentro una lotta armata che non l’avrebbe condotta da nessuna parte.  
Violetta. 
Perché il passo, a quei tempi era molto più semplice di quanto possiamo immaginare oggi  e lei il passo lo aveva lungo. Ascoltava, parlava poco, ma agiva. Chiedeva, sapeva chiedere e ottenere.
Disegnava bene. I daze-bao erano tutti suoi. 

Inventava frasi. Era il suo modo di presentarsi agli altri. La più bella, quella che io ho ricordato per anni, è stata quella scritta per uno sciopero degli studenti dove io e Gianvittorio avevamo volantinato per giorni, prima davanti le scuole e poi con gli avvisi ogni cinque minuti in radio, tra una canzone e l’altra: “Il diritto allo studio serve, soprattutto, per capire e per giudicare. Se crescono giovani senza conoscere, la storia non vi assolverà”.
Violetta. 
Un maestrale radente che lavava le strade e le facce e mischiava parole e suoni e sorrisi e dolcezza. 
Brutta storia questa. 

Molto brutta. 
E io, come sempre, venivo trascinato. 

Giampaolo Cassitta, “Il piano zero”, Arcadia editore. 2011.

sardegnablogger 1 novembre 2022

20:13 , 1 Novembre 2022 Commenti disabilitati su Lotta continua tra ideologie e terribili errori.