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Azione fascista

Azione fascista

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Ho aspettato, ho atteso, ho letto, ho cercato qualche dichiarazione, seppur piccola, seppur misera, seppur silenziosa. Niente. Nei giornali di destra niente. Nei social, nulla. Come se la notizia, da quelle parti, non fosse mai esistita.
Eppure erano tutti in fila a regalare falsa solidarietà a Ranucci per il vile attentato subito. Tutti in prima fila a parlare di libertà di stampa, di grave sfida alla democrazia. Erano gli stessi che, con la bava alla bocca, se la prendevano con chi non aveva solidarizzato per il terribile assassinio di Charlie Kirk; gli stessi, tutti urlanti, contro l’attacco alla democrazia e alla libertà di espressione.

Sono passati due giorni e nessuno, dalle parti della destra, si è preso la briga di andare a verificare, capire, o semplicemente esprimere solidarietà nei confronti di Alessandro Sahebi, giornalista minacciato e insultato da tre persone a Roma, nei pressi del teatro Brancaccio, mentre si trovava con la compagna Francesca Bubba, scrittrice e attivista, e il loro bimbo di sei mesi.

Sahebi, sul suo profilo Instagram, ha raccontato di essere stato minacciato e poi aggredito davanti al teatro – dove stava scattando una foto alla compagna – da due persone che pretendevano si togliesse la felpa che indossava: quella di Azione Antifascista.
Ci sono i video: si sente la voce di una persona che gli intima “levate ‘sta felpa, mettitela al contrario”, mentre lui ripete “calmati, calmati, sto con un bambino, non ti vergogni?”.
Sahebi racconta poi di aver ricevuto due colpi in faccia da una terza persona, dopo essersi rifiutato di togliersi la felpa. “Mi ha tirato un ceffone l’amico tuo”, dice Sahebi. “E vabbè, un ceffone, sei grande e grosso”, è la risposta.

Nessuno ha detto niente. Nessuno ha scritto niente. Nessuna solidarietà da parte di chi, quotidianamente, urla che “gli altri” non solidarizzano, che “gli altri” sono odiatori.
Già, gli altri. Nessuno si preoccupa di ciò che gira intorno, di quei fatti apparentemente marginali che sembrano la fotocopia dei primi assalti dei fasci, delle prime spedizioni punitive, delle prime arroganze. Gli albori del fascismo.

Possibile che nessuna anima bella del governo si sia sentita in dovere di dire: “questa è un’esagerazione, un assalto alla libertà d’espressione, un attacco alla democrazia”? Nessuno.

E allora davvero cominciamo a dire le cose come stanno, cominciamo – davvero – ad analizzare i fatti, a narrarli, a denunciarli.
Questo è, semplicemente, un attacco squadrista, fascista, intollerabile. È un attentato alla libertà di un cittadino italiano (patria), in compagnia della moglie e del figlio (famiglia), che stavano semplicemente passeggiando per le vie di Roma.

Qualcuno obietterà: non è colpa del governo, non è colpa di questi governanti, non sono loro i mandanti.
Nenie già sentite e sfruttate troppe volte.
Chi non condanna è complice. Chi non condanna non ha coraggio.

Mi aspetto (ma forse sono un ingenuo) che, se non a nome del partito, almeno in nome di Dio, si condannino questi fascisti che hanno attentato alla patria e alla famiglia.
Fatelo, ve ne prego.
Personalmente, nutro moltissimi dubbi.