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Andrà tutto bene? (La Nuova Sardegna, 26 maggio 2020)

Andrà tutto bene? (La Nuova Sardegna, 26 maggio 2020)

L’articolo 63 del D.l.  17 marzo 2020, quello che si occupa di misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per le famiglie, ha introdotto uno strano premio a favore dei lavoratori dipendenti con reddito non superiore a 40.000 euro che hanno prestato nel mese di Marzo attività lavorativa presso la propria sede di lavoro. Il premio viene erogato, per una somma massima di cento euro solo ed esclusivamente per le giornate effettivamente svolte in presenze fisica sul luogo di lavoro. La norma era stata disegnata intorno agli infermieri, una sorta di riconoscimento per il loro impegno durante il mese di marzo. Il fatto curioso è che oltre agli infermieri ne hanno beneficiato tutti i lavoratori del comparto del pubblico impiego e i cento euro saranno elargiti a chi non si trovava, in quei giorni in “Smart working”. Certo, il legislatore ha ragionato in termini astratti e ha immaginato che certe categorie andassero “premiate” ma la domanda semplice è questa: ma davvero c’era bisogno di gratificare con una piccola mancia (si tratta di 4,54 € al giorno) l’impiegato civile dello Stato che aveva comunque lo stipendio garantito? Ho tutto il diritto di porre la questione perché sono un dipendente pubblico (seppure non rientro nella categoria dei premiati) e nei giorni di marzo mi sono recato – come adesso – tutti i giorni a lavorare facendo esclusivamente il mio dovere. I miei collaboratori hanno anch’essi svolto le proprie mansioni chi in presenza e chi in Smart working. Quando in ufficio è giunta la notizia qualcuno ha sorriso, qualcun altro si è chiesto se fosse vero e c’è stato chi addirittura si è sentito offeso: come cittadino, come lavoratore, come dipendente. La persona offesa ha chiesto che la sua parte fosse utilizzata per qualche opera buona. Ho atteso un sussulto d’orgoglio da parte dei sindacati ma non è giunto. Solo qualche piccola e sterile condivisione che questo premio forse era sbagliato. Abbiamo assistito nel mese di marzo alla più grande crisi che questo paese ha avuto dal dopoguerra, abbiamo visto milioni di persone ritrovarsi di colpo senza lavoro. Avrei sperato – e non per facile populismo – che gli aiuti fossero indirizzati soprattutto a loro e lo speravo da semplice cittadino e da impiegato statale. Mi considero fortunato e considero fortunati tutti coloro i quali in questi mesi hanno avuto lo stipendio garantito e non hanno dovuto barattare la dignità con nessuno. Non si son dovuti rivolgere agli usurai e non si son dovuti vergognare di chiedere qualcosa per il pranzo. Una coppia di Roma era impegnata nel volontariato: da anni si occupava di distribuire i pasti alla Caritas. Erano appagati, si sentivano utili, sapevano che il loro gesto era importante, necessario per chi, negli anni, aveva incontrato serie difficoltà. Poi il “coronavirus” ha sconvolto tutto, ha pasticciato le coscienze, ha modificato gli assetti. Quella coppia gestiva un piccolo ristorante al centro di Roma. Hanno chiuso come tutti e come tutti hanno sperato. Si son trovati, un giorno, a dover fare la fila davanti alla Caritas, a chiedere qualcosa da mangiare per loro e per i propri figli. In due mesi tutto era stato distrutto. Davanti a queste tragedie (che sono tante) ci siamo fermati sgomenti e non siamo riusciti a dare molte risposte. E’ difficile gestire questa atroce crisi ma a questo punto chiedo a tutti gli statali che riceveranno i famosi 4.54 € per giorno lavorato in presenza nel mese di Marzo: possibile che quei soldi non si possano in qualche maniera destinare a chi, davvero, in questo momento ne ha assoluta necessità? Sarebbe un bellissimo segno, forse antico e magari piccolo ma importante. Lo dico alle organizzazioni sindacali che nulla hanno dichiarato sulla generale inutilità di una legge che elargisce pochi spiccioli a chi era comunque pagato per fare il suo dovere.  Chiedete agli iscritti un bel gesto. Fatevi portavoce di una cassa comune e poi destinate quei soldi a chi a Sassari e provincia ne ha davvero necessità. Solo così potremo tutti  scrivere “andrà tutto bene”.

(La Nuova Sardegna, 26 maggio 2020)