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Anche questa è resistenza!

Anche questa è resistenza!

Mio nonno, probabilmente come tutti i nonni sardi,  non ha partecipato alla resistenza.
È stato soldato semplice durante la prima guerra mondiale e cavaliere di Vittorio Veneto.
Lui una guerra l’aveva vinta ma i suoi racconti erano completamente diversi e legati soprattutto all’odio verso la guerra in generale.
Il suo pacifismo più che politico era realistico.
A casa aveva lasciato la moglie e un figlio da sfamare. Quando ritornò dalla guerra di figli ne fece altri undici convinto che i bambini avrebbero prodotto pace e prosperità.
Le cose, purtroppo andarono diversamente e l’Italia, per la seconda volta,  finì per partecipare ad una guerra che avrebbe terribilmente perso.
Il 25 aprile del 1945 probabilmente mio nonno  continuò a lavorare in campagna e la giornata trascorse cupa, come le altre, adatte alla sopravvivenza.
La sua resistenza, almeno quella che mi ha sempre raccontato, è legata ad un episodio minimalista ma che per me è stato un esempio per amare il 25 aprile e i partigiani.
Una sera tiepida d’agosto lui rientrava dalla campagna con il barroccio e il suo asino. Non aveva delle vere e proprie corde ma delle pompe di plastica utili a trainare il carretto con i meloni che avrebbe venduto il giorno successivo al mercato di Sassari.
Lo fermarono i carabinieri del Regno chiedendogli il “bollettino”, ovvero il documento che attestasse la proprietà dell’animale.
I carabinieri lo conoscevano bene e il controllo era legato esclusivamente ad ottenere qualche melone in cambio,  perché la fame valeva per tutti, carabinieri compresi.
Mio nonno disse che il bollettino lo aveva a casa e che poteva benissimo farglielo recapitare in caserma.
I carabinieri risposero che non andava bene perché in caserma c’era il maresciallo e le cose si sarebbero complicate soprattutto perché lui non risultava iscritto al partito.
Mio nonno comprese subito la situazione e la complicazione era legata  al numero dei meloni che sarebbero visibilmente  aumentati.
Il carabiniere giovane aspettava la consegna dei meloni  ma mio nonno  si opponeva e ad un certo punto chiese: “Ma  voi adesso che finisce tutto, che questo fascismo finirà  che fine fate? “
Il carabiniere giovane abbassò lo sguardo e rispose sommessamente: “Zio Francè, la verità è che io mi devo sposare”.
“E dei meloni che te ne fai? Mica ti servono per lo sposalizio” chiese sornione mio nonno.
“I meloni mi servono per consegnarli  al maresciallo e ottenere la licenza, così mi sposo”.
Mio nonno se lo guardò  con aria severa e disse:” Devi dire al tuo maresciallo che ho dodici figli da campare e i meloni mi servono e digli pure che la tessera fascista non l’ho presa e non la prenderò mai. Tutti sanno che quest’asino è mio, mica servono i bollettini per dimostrarlo o dare quattro meloni al tuo maresciallo perché così siete tutti felici. Bisogna lavorarseli i meloni che non crescono facendo vedere quella stupida tessera.”
Il giovane carabiniere abbassò lo sguardo e  gli disse sottovoce di passare.
Mio nonno urlò all’asino di procedere e la bestia cominciò a tirare il carretto dei meloni.
Dopo qualche anno e dopo la caduta del fascismo, il carabiniere andò in campagna a trovare mio nonno, con la moglie e il figlio.
Il giovane carabiniere nel primo dopoguerra era stato trasferito a Oristano.
“Zio Francesco, sono venuto a ringraziarla”, disse il carabiniere e senza aspettare che mio nonno rispondesse aggiunse: “Quei meloni, se li ricorda? Mi servivano  per il matrimonio. Per fortuna che lei ha opposto resistenza e non me li ha dati.  Non ho più sposato quella ragazza che non amavo, ma era la nipote del maresciallo che mi aveva promesso la carriera. Quel giorno ci fu una lite furibonda perché mi accusò di essere un debosciato, uno senza palle  uno che non riusciva a prendere quattro meloni da un contadino che al posto delle corde per tirare la carretta utilizzava delle pompe. Ho lasciato sua nipote, sono stato trasferito, ho trovato un’altra ragazza e adesso sono felice.”
Mio nonno guardò il bambino, prese una cassetta e mise sei meloni. “Questi sono per te, per tuo figlio e  la tua famiglia,  alla memoria di  quel fascista del maresciallo. Ricordati di rispettare la terra e quelli che la lavorano che non bisogna avere un partito alle spalle per essere uomini”.
Questa storia mi è sempre piaciuta perché è  un piccolo atto si ribellione  contro il pensiero unico e l’obbligo di iscriversi al partito fascista. Cosa che mio nonno non fece mai. Fu la sua piccola resistenza,   insieme a quei meloni non dati.
Ecco: oggi mio nonno e quelli come lui sono i personaggi in un giorno che è memoria scolpita e che non possiamo dimenticare perché le schiene dritte sono quelle che hanno contribuito a far nascere e crescere la democrazia in questo paese.
Non dimentichiamolo mai.