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www.galeghiotto.it . Un sito da visitare perché ne vale la pena.

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Ci sono scommesse semplici e, tutto sommato, prevedibili. Ci sono poi quelle impossibili e che pochi fanno e chi le fa è considerato un audace o un pazzo. A seconda dei punti di vista. Ci sono poi scommesse difficili ma che possono, con strane alchimie, realizzarsi. La cosa più difficile, quando questo accade, è tentare di spiegarlo.

Un pallonetto lanciato da metà del campo di calcio, difficilmente entra in rete. Quasi impossibile. Ecco: il quasi regala la possibilità recondita all’azione. Uno ci prova. Forse non ci riesce. Anzi, quasi sicuramente non ce la farà. Ma, se ci dovesse riuscire dovrà tentare di spiegare come, con quale piede, con quale traiettoria, con quale potenza, con quale lucidità ed infine quanta emozione gli ha regalato quel tiro apparentemente impossibile e terribilmente semplice. Quel gol che era una scommessa. Che poi è sempre la stessa storia: la scommessa è una sfida e le sfide si costruiscono per misurarsi con se stessi o con gli altri, ma si fanno soprattutto per vincerle, anche se si deve avere la consapevolezza di poterle perdere.

Ho vissuto sempre di sfide. Per mestiere. Ho vinto qualche volta e moltissime volte ho perso. Perché lavorare con gli uomini non è semplice. E lavorare per i detenuti è sicuramente più complesso. Ho sempre pensato, però, che vincere una sfida con gli ultimi della classe è come vincere un campionato di calcio con il Perugia o con il Pizzighettone. Difficile, quasi impossibile, e io ho sempre cavalcato l’onda del “quasi”.

Ritengo che i detenuti, quelli che finiscono dentro per piccole cose, per aver sbagliato le intersecazioni delle scelte, per non aver compreso come si dosa la giustizia o perché, più semplicemente, sono extracomunitari, possano dimostrare di essere migliori di come vengono dipinti e ho sempre combattuto affinché potessero dimostrarlo. Con una considerazione che ho sempre fatto e che è diventata lo slogan del mio impegno: “ se facciamo qualcosa, non ci devono dire che è bella per pietà, perché siamo detenuti, ma perché quella cosa è la migliore.”

L’ultima delle sfide è appena partita. Non so se riusciremo a vincere. La squadra è variopinta, convinta ma ancora non convince, duttile e maneggevole ma non partecipante. Insomma, è una sfida quasi impossibile. Quindi proponibile. Tentiamo di vendere, per la prima volta, dei prodotti di un carcere nella grande distribuzione. Non lo aveva fatto, finora, nessuno. Per farlo, dovevamo presentare prodotti di qualità, di altissima qualità. Ed è per questo che abbiamo scelto la conversione al biologico. Ma non solo. Abbiamo scommesso su giovani che volessero provare a vincere questa sfida e abbiamo trovato occhi attenti al cambiamento tra apicoltori, artieri ippici, casari e addetti agli allevamenti che si sono uniti a quelli dei formatori e dei detenuti. Hanno tagliato rami, inciso alberi, sistemato arnie, strigliato cavalli, pascolato pecore e capre, hanno munto e pastorizzato il latte che è diventato ricotta e formaggio ed è diventato crema e i favi son diventati miele e polline e le bacche son diventate mirto e i pomodori si sono essiccati e il tiro da lontano, da metà campo è entrato in rete. Gol. Scommessa vinta. Difficile segnare da quella distanza. Bisognava provarci. Lo abbiamo fatto. Abbiamo costruito un logo giocando con le parole, perché il gioco è uno strumento serissimo e abbiamo deciso di sorridere, perché anche sorridere aiuta a crescere. Tutto questo lo abbiamo anche documentato su un sito che prossimamente racconterà anche storie galeghiotte che regaleranno sprazzi di “innocente” normalità. Vi informerò sulle prossime mosse e, di tanto in tanto, fate un salto su www.galeghiotto.it . Ne vale la pena.