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Viaggiare è capire (La Nuova Sardegna, 27 luglio 2020)

Come si viaggia con le nuove regole previste dalle varie ordinanze regionali e decreti nazionali?

Nel film “Straziami, ma di baci saziami”, del 1968 con Nino Manfredi e Pamela Tiffin, c’è una frase che mi è rimasta impressa. I due protagonisti Marino, barbiere di Alatri, un comune in provincia di Frosinone e Marisa, una ragazza di Sacrofante Marche, si incontrano a Roma e Marino spera di arrivare dalla Ciociaria alle Marche per rivedere la bella Marisa perché “viaggiare è capire”. Ci penso sempre alla frase ogni volta che prendo un volo verso il continente. “Viaggiare è capire”. Ma di questi tempi capire è un po’ più complesso. Prendiamo per esempio la famosa applicazione della Regione Sardegna chiamata trionfalmente “sardegna sicura”, scaricabile su ogni smartphone e utilissima per comunicare l’arrivo in Sardegna, dichiarare la destinazione sull’isola durante la permanenza e tutta un’altra serie di autocertificazioni. L’applicazione deve essere usata anche dai sardi che giungono sulla loro terra e questo è, oltre che ovvio, giustissimo.

Dovendomi recare a Torino per lavoro ho scaricato diligentemente l’applicazione, mi sono registrato con facilità e ho comunicato la data del mio rientro in Sardegna, il numero del volo, l’orario, l’aeroporto e l’abituale dimora. Tutto davvero molto semplice. Dopo aver inviato i dati ho subito ricevuto una mail nella quale mi si comunicava che tutto era stato correttamente registrato e veniva allegato un codice a barre bidimensionale impiegato per memorizzare una serie di informazioni che possono essere decodificate da un lettore. Quel codice è la salvezza di chi giunge in Sardegna: dice chi sei, da dove arrivi e dove alloggerai. Saremo tutti più sicuri. Mi si chiedeva di conservare il codice ed esibirlo al personale addetto all’imbarco. Seguivano i saluti del Presidente della Regione Christian Solinas. A Torino mi sono recato al banco check-in in quanto non si possono portare ancora i bagagli a mano. La signorina, quando le mostro  il codice  dell’applicazione sardegna sicura gentilmente mi sorride ma risponde  che non sa neppure di cosa si tratti. Mi consegna un’autocertificazione prestampata, mi invita a compilarla e consegnarla al personale di bordo. Anche la signorina davanti all’imbarco non conosce questa regola della giunta Solinas e in aereo la hostess mi comunica che forse – forse – dovrò esibire quello strano codice al personale presente allo sbarco ad Alghero. Non provo neppure a controbattere che la mail parlava di personale addetto “all’imbarco” e sedendomi sul posto assegnato penso che, forse, qualche piccolo errore di comunicazione c’è stato e nonostante i nostri trascorsi storici tra Piemonte e Sardegna non sembra ci sia molto dialogo. All’arrivo ci viene misurata la temperatura con un termo-scanner, operazione velocissima e professionale ma non c’è nessun addetto allo sbarco che voglia vedere il mio bel codice quadrato utilissimo per vivere in una “sardegna sicura”. Ritiriamo le valige con una buona dose di assembramento (ma non si doveva creare a bordo utilizzando le cappelliere?) e mi dirigo verso l’uscita. Ovviamente non c’è nessuno che ci controlli, nessuno che chieda da dove arriviamo e, soprattutto dove siamo diretti. Nessuno. Rimane solo quel foglio scritto a mano consegnato sul velivolo e raccolto distrattamente dalle gentilissime signorine. Mi sono sentito come svuotato, incapace di reagire, anche un tantino inutile e preso in giro. Se la registrazione è ancora obbligatoria (e lo è sino al 31 luglio) perché nessuno se ne occupa? Se la tracciabilità è utile, necessaria, importante, perché nessuno è in grado di catalogare una notizia del genere? Quanto è costata l’operazione Sardegna sicura? Chi se ne doveva occupare? Lo chiedo da semplice cittadino che vive in un paese dove le grida manzoniane sembrano susseguirsi quotidianamente ma sono, appunto, tristemente inutili. Non oso neppure pensare cosa sarebbe  stata l’operazione “passaporto sanitario”.

Viaggiare è capire. Non in questo caso e Nino Manfredi – insieme ai sardi – se ne dovrà fare una ragione.