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Lo sciopero di Babbo Natale (la Nuova Sardegna 19/12/2019)

Lo sciopero di Babbo Natale (la Nuova Sardegna 19/12/2019)

Non era mai accaduto che Babbo Natale entrasse in sciopero. In Sardegna poi. E non lo aveva fatto per colpa della continuità territoriale che poteva essere una buona ragione e neppure per una questione meridionalistica  o indipendentista. Nulla di tutto questo. Babbo Natale aveva incrociato le renne e aveva deciso di non raggiungere la Sardegna. Tutti si erano chiesti se ci fosse stato qualcuno un po’ troppo  cattivo e subito gli sguardi si erano rivolti verso i poveri pastori che, invece, avrebbero meritato un bel Babbo Natale con il latte ad almeno un euro al litro.
La notizia era trapelata perché per la prima volta dalla sua comparsa (o dalla sua invenzione, fate voi) Babbo Natale aveva scritto una lettera a tutti quelli che per anni o per tutta la vita continuavano a scrivere a lui, con la segreta speranza di essere accontentati. Quello scritto incredibile cominciò a navigare nei social ma tutti etichettavano la notizia come una bufala bella e buona. Babbo Natale che trascura la Sardegna. Ma quando mai? E perché? Però si cominciò a verificare la notizia.
Gli americani, quelli che di giornalismo se ne intendono e hanno come motto: “se tua madre dice che ti vuole bene, verifica” scrissero che la storia di Babbo Natale in sciopero non era una fake news e che la lettera era da considerare veritiera. Era stato verificato il francobollo, il luogo di spedizione, la calligrafia (gli americani si intendono di tutto) e anche l’ortografia. Tutto era perfetto.
Così, una mattina, qualche giorno prima di Natale quella lettera raggiunse tutte le redazioni dei quotidiani che decisero di pubblicare le ragioni dello sciopero di Babbo Natale. Ecco il testo della lettera.

Carissimi abitanti della Sardegna, so che voi c’entrate poco con la questione che, a dire il vero è un problema nazionale, ma il mio sciopero ha un senso in quanto proprio in questa terra è accaduto quello che in nessuna regione d’Italia ancora non si è verificato. Dovete sapere che io porto i doni a tutti quelli che li chiedono cercando di accontentare giovani e adulti.  Ogni anno, su mia insindacabile decisione, lascio dei regali nelle case di chi non si è mai rivolto a me: per paura, per vergogna, perché non può o perché non riesce. Le categorie sono molteplici e con tutto quello che ho da fare non posso, purtroppo, accontentare tutti.
Le persone che non hanno mai scritto una lettera a Babbo Natale sono gli ultimi: i tossicodipendenti, i malati di Aids, le donne abusate, i bambini negli orfanotrofi e i detenuti. Diciamo che riesco ad accontentare i sans-papier una volta in un sessennio. Così, quest’anno era giunto il turno dei detenuti che sono reclusi in Sardegna. Lo avevo fatto nel 2013 e devo ammettere che nonostante gli sguardi solitamente tristi e confusi di chi si trovava in quel momento a San Sebastiano, a Buoncammino, nella rotonda di Tempio e in piazza Manno ad Oristano, tutti alla fine erano confortati da quel piccolo pensiero. Un regalo inaspettato si riempie sempre di lacrime dolci anche se chi le produce ha l’amarezza nell’anima.
Ecco, dopo sei anni e pronto a dispensare qualche piccolo oggetto a quei detenuti, ho trovato le quattro carceri insolitamente vuote. Poteva essere un bel segnale. Finalmente un popolo si era liberato della necessità del carcere. Non era così. Qualcuno aveva spostato i penitenziari lontano dalla città, in luoghi nascosti e irraggiungibili anche per Babbo Natale. A questo punto ho deciso di scioperare per lasciare un segno per provare a farvi riflettere su quello che voi umani avete fatto, sul grande errore di aver costruito un quartiere in mezzo al nulla, voi che sapevate quanto fossero inutili le cattedrali nel deserto.
Lo so, non è colpa vostra. Il mio sciopero, forse, servirà a regalare un piccolo pensiero a chi non può osservare i colori della città e non può come faceva una volta, sentirne i rumori. Forse il mio sciopero non servirà a niente, troverete qualche corriere che vi porterà i doni richiesti, ma un popolo che nasconde gli errori anziché conviverci per provare a risolverli non ha bisogno di Babbo Natale, perché  è un popolo che non sa sognare.