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L’importanza dei gesti  (la nuova Sardegna 17/2/2015)

L’importanza dei gesti (la nuova Sardegna 17/2/2015)

Una volta si diceva che gli uomini si soppesano dai gesti. Un saluto, un abbraccio non dato, un sorriso mancato, un silenzio raccolto tra gli spigoli delle scelte, una decisione necessaria nata senza dover scrivere niente. I gesti costruiscono la carcassa esteriore degli uomini ma fanno parte del proprio bagaglio culturale: rappresentano, insomma, quell’habitus con il quale siamo tutti riconosciuti e per il quale saremo ricordati. Così Bruto rimarrà scolpito come colui che sferrò le coltellate a Cesare, Ponzio Pilato come un mezzo pavido che nel momento più difficile compie un gesto universalmente riconosciuto come non voler interferire: anziché decidere si lava le mani. I gesti sono dunque espressioni del nostro agire e, in qualche maniera, sono figli della nostra coscienza e del bagaglio culturale.
Ricordo questi passaggi – e li ricordo a me, per primo – perché non ho mai compreso cosa possa portare un uomo ad approfittare delle difficoltà di un altro uomo, a non trovare neppure un momento per riflettere e provare a capire le difficoltà degli altri.
La crisi ha colpito con estrema voracità chi, nel corso degli anni, faceva parte della cosiddetta “classe media”. In alcuni casi questa classe è stata come annientata, polverizzata e molti appartenenti a questa classe sono giunti alla soglia della povertà. A volte per scelte scellerate, alla ricerca di soldi facili nella speranza che la giostra potesse continuare a girare e nella segreta convinzione che, in fondo, si facevano soldi con i soldi.
C’è invece chi, in questo paese ha investito, ci ha scommesso e, come molti dicono, ci ha messo il suo capitale. Ha utilizzato molti strumenti, ha a volte sfruttato molte occasioni e per cercare il salto di qualità ha chiesto l’aiuto alle banche. Già, le banche. Queste entità astratte fatte di possibilità e sorrisi quando hai capitali da versare, ma che mostrano il volto più feroce quando non riesci a “rientrare” nei tempi prestabiliti. Un gioco complesso e vecchio come il tempo: c’è sempre stato, da sempre, qualcuno che offre e qualcuno che riceve. Quest’ultimo è l’elemento più forte e non accetta nessun compromesso e nessuna nuova rateizzazione. Soprattutto in tempi di recessione. Allora ti può capitare di subire un incidente stradale che ti blocca fisicamente a casa e rallenta la tua attività imprenditoriale, poi un incendio doloso che, certamente, non aiuta. Insomma i debiti aumentano e le banche non aspettano: devi rientrare. Come se fosse facile, come se dipendesse tutto da te. Ma è il gioco dell’economia, è il gioco dei prestiti, dei fidi, dei funzionari che sanno aspettare e di quelli zelanti che, invece, non intendono dilazionare. Scatta, a questo punto l’ipoteca, l’impossibilità di poter continuare. Si arriva al fallimento, al baratro. Si mette all’asta la tua attività e anche la tua abitazione: quella in cui vivi, in cui sono nati i tuoi figli, in cui sono ammassati i ricordi. L’asta che appare come una cosa fuori dalla realtà: mettono le tue cose “all’incanto”. Tu non ci credi. Perché non può essere possibile che la tua casa, i tuoi beni possano essere venduti per pochi euro. Quella casa che valeva trecentomila euro viene battuta a trentamila. E’ assurdo, è una scelta sbagliata, cattiva, è un gesto inconsulto. I gesti. Sono quelli che regolano questa cattiva storia. Perché uno spera che non ci sia nessuno, almeno della sua comunità, ad alzare la mano, a dire: “voglio quella casa”. Perché spera non sia possibile ci sia un uomo capace di poter effettuare quel gesto. Anche se lecito, anche se molti lo fanno. Ecco, quel signore può ripensarci. Rifiutare di acquistare quella casa, rifiutarsi di sfruttare quell’occasione e prodursi in un altro gesto nobile: provare ad aiutare quella famiglia ad acquistare, per trentamila euro, la propria abitazione. Lo può fare insieme a tutto il paese. Basta poco. Sarebbe un gesto bellissimo per noi sardi. Perché questa storia accade proprio qui: in Sardegna.