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Le piazze sarde per la pace (La NUova Sardegna, 4 marzo 2022)

Le piazze sarde per la pace (La NUova Sardegna, 4 marzo 2022)

Quei ragazzi colorati da Sassari a Lanusei, a Nuoro, Oristano, Cagliari. Quei ragazzi senza più parole e con la voglia di osservare il proprio orizzonte,  quella  saracinesca della vita che qualcuno intende abbassare per sempre. Questo è il senso vero, grande, immenso e incommensurabile di quei ragazzi che calpestano le piazze, si uniscono, si abbracciano in nome della pace. Hanno paura di quell’ignoto che non conoscono, non hanno mai vissuto  le atrocità, ma solo osservato  dentro vecchie immagini in bianco e nero, le stesse che abbiamo visto anche noi ragazzi un po’ attempati senza guerra nelle tasche. Sono tre generazioni, in Europa,  che non conoscono il senso del conflitto, dell’uccidere per difendere il proprio territorio, per salvaguardare la democrazia. Siamo le generazioni senza, quelle fortunate, quelle che hanno usufruito della libertà pagata a caro prezzo dai nostri nonni e dai nostri padri, siamo la generazione della voglia di futuro, siamo quelli che siamo stati solo sfiorati dal sangue e dalle lotte fratricide, dal Vietnam e dalla Cambogia, dalle tante scaramucce in giro per il mondo, dall’Iraq all’Iran. Siamo quelli che abbiamo visto le contrapposizioni in televisione. Così i nostri figli e i figli dei nostri figli.  Quei ragazzi gonfi di speranza e apprensione hanno le stesse nostre facce di quando negli anni settanta si scendeva in piazza per difendere alcuni diritti calpestati. Ci sembravano cose sacrosante, immense, basilari: il divorzio, l’aborto, le manifestazioni contro le stragi di stato, il nostro urlare che pareva l’assalto al cielo, la voglia di riprenderci la nostra vita. Quei ragazzi, i nostri figli, i nostri nipoti hanno le stesse nostre facce, le stesse pulsazioni, la stessa voglia di urlare senza emettere parole, hanno una visione semplice delle cose e del mondo: manifestano nelle piazze chiedendo solo di lasciarli camminare, di non intralciare il loro futuro. Sono ragazzi normali, come normali eravamo noi. Si sono modificati gli usi e il look ma non è cambiato il senso delle cose. Le guerre le manovrano gli anziani e utilizzano i giovani per seminare odio. Mi ha colpito il pensiero di un ragazzo sceso in piazza a manifestare: “Putin la sua vita ormai l’ha fatta, non ha prospettive future. Forse gli è andata male e allora decide di distruggere tutto”. E’ così. A ripensare a tutte le lotte alle quali abbiamo partecipato ci sono sempre i giovani da una parte e i maturi e presunti saggi dall’altra. Mondi apparentemente inconciliabili. Quei ragazzi colorati nelle piazze della nostra isola ci vogliono dire, con le parole scritte sui muri di un futuro nebuloso, che vogliono esserci, vogliono fare la loro parte e non importa se i grandi della terra non rivolgono gli occhi sulla piazza di Sassari o di Lanusei o di Ploaghe, Laerru, Torralba. Non importa. Quelle piazze sono la dimostrazione pura, vera, reale, che i giovani esistono e sono loro a dover decidere del futuro. Putin è solo un intralcio alla felicità, alla possibilità di continuare, alla voglia di mediare e alla possibilità di costruire storie dove i protagonisti sono gli uomini e non i confini di una terra ormai superata dagli eventi. Putin è un disegnatore triste di linee che non esistono più in un mondo dove tutto è e deve essere a portata di mano. Nessuno può fermare la storia, nessuno può pensare che quelle piccole piazze siano inutili e gonfie di retorica. Quei ragazzi sardi abbracciandosi idealmente al mondo hanno deciso di gettare un ponte tra loro e gli altri, hanno deciso che la parola “altro” è fonte di scoperta, curiosità, crescita, amore, passione. La parola “altro” è inclusiva, è figlia di un nuovo modo di vedere le cose, di saperle annusare. Quei ragazzi e quelle piazze ci raccontano la bellezza degli ideali, la scommessa sulle persone, sulla vita, la certezza che il futuro non passa da Putin, non può passare da chi considera gli uomini “altri”. Le piazze colorate della Sardegna, le bandiere, i sorrisi, la voglia di esserci dicono questo: il futuro sono loro. Per fortuna.  L