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Le condraddizioni di Caino (La Nuova Sardegna, 13 settembre 2020)

Le condraddizioni di Caino (La Nuova Sardegna, 13 settembre 2020)

Sulla linea della vita continuo, ormai imperterrito, a sedermi dalla parte di Caino. Forse perché attratto, forse perché è tutto più interessante, più liquido, più complesso. Sicuramente per mestiere.
Non è facile analizzare i fatti e provare a cancellare le prime impressioni, quelle di “pancia” che ci assalgono sempre quando ascoltiamo le notizie relative a fatti di cronaca. E proprio in questi giorni ci scontriamo con due storie molto lontane – ma solo apparentemente – e che ci suggeriscono sgomento, rabbia, impotenza, senso di frustrazione. Dei balordi palestrati, tatuati, falsamente fortificati uccidono senza pietà un ragazzino che provava a fare da paciere in una rissa che vedeva coinvolto l’amico dei carnefici.
E’ stato un attimo, un’esecuzione degna della migliore fiction, una mossa da videogioco, il mondo virtuale che diventa terribilmente reale. E’ stato un attimo dove il buio diventa l’unico orizzonte di chi muore e di chi uccide. L’unico orizzonte piatto ed indecifrabile. Saranno giudicati per quell’orrendo delitto. Mi auguro si sgonfieranno di quei bicipiti inutili, di quei tatuaggi che inneggiavano alla forza e alla potenza. Mi auguro comprenderanno il peso del male, l’inutilità del male, la vacuità del male. Mi auguro possano percorrere quel tratto di terra con scarpe pesanti, con spessi pensieri e con la raggiunta consapevolezza di aver provocato una voragine inutile, di aver appianato la vita di un altro uomo.
Dovranno pagare. Certamente.
Di una giustizia che non è vendetta ma che pretende un cammino diverso. Saranno condannati a ricercare la consapevolezza del loro errore, dovranno provare a ripartire con mestizia, con vergogna forse, rendendosi conto che dall’altra parte non ci sono persone disegnate nel loro stesso vecchio modo, dall’altra parte non ci sono persone con la bava alla bocca pronte a schiaffeggiare chiunque si comporti come hanno fatto loro. Perché la giustizia non è semplice e semplicistica. Non è “buttare la chiave” “uccidere”, non è “fine pena mai”.
La giustizia è sempre un grande punto interrogativo seguito da un esclamativo.
La giustizia si disegna sugli uomini e gli uomini possono sempre cambiare, modificarsi. Discorso non semplice e difficile da sostenere, un po’ come difendere Caino, ma l’avvocato della giustizia e delle opportunità non può e non deve soppesare le persone dagli atti compiuti. Sarebbe troppo facile. Se dovessimo condannare in base a questo metro di giustizia le carceri sarebbero colme di gente che parcheggia in seconda fila, che sputa per terra, che butta l’immondizia sulla strada, che imbocca un senso unico dalla parte sbagliata.
Ecco: questi ragazzi hanno, purtroppo, imboccato una strada al contrario ma non era senza uscita. Sarà il tempo a far depositare la polvere e la rabbia, sarà il tempo a disegnare nuove possibilità. Come per Giuseppe Mastini, noto a tutti come Johnny lo zingaro, non rientrato dall’ultimo permesso premio concesso dal Magistrato di Sorveglianza di Sassari. Ovviamente non entro nelle motivazioni che hanno portato il giudice e l’équipe del carcere alla concessione del beneficio, convinto come sono che il loro è stato un comportamento ineccepibile, risultato di un’analisi ferma e risoluta. Di un’analisi che ha tenuto conto di tutti i fattori che la legge prevede. Mastini non ha mantenuto la promessa di fare rientro dopo i giorni concessi. Non è l’unico e non sarà l’ultimo. Ha fatto notizia e farà sempre notizia l’evasione da un permesso e a nessuno interessa, per esempio, quanti condannati anche per vili reati sono invece regolarmente rientrati in carcere.
Chi ha sbagliato? Facile rispondere: ha sbagliato Mastini, hanno sbagliato il giudice, il direttore del penitenziario, l’educatore, l’assistente sociale, il poliziotto, il volontario, il deputato che ha scritto quelle norme, il sociologo, lo psicologo, lo storico e l’intellettuale. Era facile sbagliare ed è facile raccontarlo a cose fatte. Il punto è un altro: il senso della giustizia non si pesa in questo modo.
C’è un tempo per condannare Caino ed un tempo per scommettere su di lui.
E per la giustizia, questi tempi, hanno lo stesso peso specifico.