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L'amata Barcellona nuda davanti al mondo (La Nuova Sardegna, 23 ottobre 2017)

L’amata Barcellona nuda davanti al mondo (La Nuova Sardegna, 23 ottobre 2017)

La prima volta che vidi Barcellona avevo 30 anni. Era il 1987 e decisi che quella doveva essere la mia città ideale: colorata, rotonda, avvolgente, con i disegni magnifici di Mirò, con le curve mirabili di Gaudì, con le ramblas che correvano ad abbracciare il mare. Mi sentivo come a casa, anche perché  Alghero era considerata la piccola Barcellona. Tornai a casa con la consapevolezza che quello era un popolo unito, forte, deciso. Aveva superato il franchismo, aveva ottenuto le olimpiadi, aveva i colori giusti per continuare e aveva  la Sagrada Familia come un monumento costruito per non concludersi mai. Barcellona mi riapparve davanti dopo alcuni anni. Aveva le parole di Carlos Luis Zafon e raccoglieva la più grande biblioteca dei libri dimenticati. Era cresciuta. Aveva aggiunto alle pennellate dense di Mirò quelle più angolari di Picasso, aveva abbandonato la corrida, era una città più europea e probabilmente meno spagnola.
Il catalano si sentiva parlare nelle strade e nei negozi. Tutto appariva più nitido, quasi magico. Poi c’è stata un’accelerazione che vista da queste parti non è stata – almeno inizialmente – chiarissima.
E’ arrivato al potere Carles Puidgemont che, insieme ai suoi consiglieri, ha deciso di sfidare il governo centrale con un referendum e poi con la sfida in campo aperto dell’autonomia, della richiesta di indipendenza dallo Stato spagnolo. La risposta è stata prima titubante e poi chiara, netta, decisa: Mariano Rajoy, premier spagnolo, ha annunciato la decisione di applicare, per la prima volta nella storia della Spagna, l’articolo 155 della Costituzione in quanto “Nessun governo può accettare che la legge venga violata”. Poi, dichiarazioni durissime: “Ci hanno obbligato ad accettare un referenudm indipendendista che non potevamo accettare”.
E adesso? Al di la delle disquisizioni tecnico giuridiche (nuove elezioni, eventuali condanne di Puidgemont e dei suoi consiglieri) il problema è che Barcellona è nuda davanti al mondo. Non ha i colori sgargianti di Mirò, non cammina nei giardini di Gaudì, non ci sono gli sguardi cubici di Picasso e tutto sembra sospeso. Gli indipendentisti gridano al colpo di Stato, ma anche gli unionisti accusano di tradimento chi voleva staccarsi dalla Spagna. Qualcuno urla contro Madrid mentre c’è chi, invece, sussurra che senza Madrid Barcellona non ce la può fare. Ho visto due piazze: una con le bandiere catalane, l’altra con quelle spagnole. Non si è ben compreso dove sia la maggioranza ed è misurabile solo la passione che, sicuramente, è dalla parte catalana. Il problema è che qualcosa si è rotto e forse definitivamente. Si è rifiutato il dialogo, si è deciso che era necessario costruire un muro davanti alle parole. Le ragioni degli unionisti sono diametralmente opposte da quelle degli indipendentisti ma su tutti dovrebbe vincere la costituzione che, come quella italiana, ricorda che la patria è una e indivisibile.
Le Costituzioni non sono vangeli e si possono modificare e questa poteva essere la strada da percorrere ma non è stata utilizzata. Adesso tutto è maledettamente complicato anche per chi, come me, si sente figlio di Barcellona. Ho ripensato moltissimo in questi mesi a ciò che siamo, ciò che amiamo.
Nasciamo in un luogo che non decidiamo, in base a quel luogo impariamo la lingua e il dialetto. Impariamo gli usi e i costumi di quel posto e cominciamo quasi inconsciamente a riconoscersi dentro quelle strade, quel paese, quella città, quello Stato.
Ho ripensato moltissimo alle mie passioni e tra i tanti cassetti colmi di piccole convinzioni ho trovato Emilio Lussu, Antonio Gramsci, lo scudetto del Cagliari, Italia-Germania 4 a 3, Pier Paolo Pasolini, Tarantino,Nanni Moretti, Mastroianni, Roma, Firenze, Parigi, Barcellona e poi Cuba, Che Guevara, Garcia Marquez, Mirò, Gaudì e la Ferrari; le canzoni di De Gregori, Led Zeppelin, Lucio Dalla e Guccini e, come libro dei libri,  Il pendolo di Foucault. Cosa sono? Italiano, cubano, sardo? Non lo so.
Guardo Barcellona e dico che è la mia città. Ma non è l’unica. Guardo al mio paese e mi riconosco con Mameli, il suo inno, la bandiera, la brigata Sassari, i padri di una bellissima Costituzione. Sono italiano e sardo. Ma, soprattutto, sono  e mi sento europeo.