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La santità di Aldo Moro (La Nuova Sardegna, 9 maggio 2019)

La santità di Aldo Moro (La Nuova Sardegna, 9 maggio 2019)

Quel nove maggio 1978 ce lo portiamo dentro come un fardello della memoria. Ce lo teniamo stretto e quasi sempre, quando ritorniamo a quel giorno, ci appaiono i fotogrammi di una Renault 4 rossa adagiata in un vicolo fino ad allora sconosciuto, a Roma, tra piazza del Gesù e via delle botteghe oscure. Dentro quel crocevia del potere di allora le brigate rosse abbandonano il corpo del presidente della democrazia cristiana Aldo Moro, rapito il 16 marzo 1978. Tutto si compie e il silenzio, assordante, incommensurabile, assurdo, avvolgente e ci costringe a masticare tutta la nostra impotenza diluita in quei maledetti cinquantacinque giorni. Ho sempre pensato che quel giorno, che da sempre chiamo “il giorno di Moro”, sia stato il crocevia per molti adolescenti come me che, a soli diciannove anni, si vedevano catapultati in un mondo irreale, cattivo, ingiusto e, forse, anche stupido. Aldo Moro non era il mio idolo, non lo è mai stato ma è divenuto, negli anni, l’icona del passaggio all’adultità. L’ho sempre considerato un politico capace di giocare con le parole, di utilizzare un linguaggio astruso, lontano dalle masse, ma gli ho sempre riconosciuto la genuinità nelle scelte che, chiaramente, non condividevo. Non sapevo che fosse in atto un processo di beatificazione nei suoi confronti e, devo dire, la notizia mi ha molto colpito. Il suo carisma come uomo politico era assolutamente indubbio, come la sua preparazione e la sua visione di un futuro dove intendeva porre le basi della sua ideologia ma che potesse, un giorno, divenire santo questo, davvero, non me lo aspettavo. Mi ha poi colpito la lettera che la figlia Maria Fida ha scritto a Papa Francesco chiedendogli di interrompere il processo di beatificazione “perché” – sono sue parole – “è contro la verità e la dignità della persona che tale processo si stato trasformato, da estranei alla vicenda, in una specie di guerra tra bande per appropriarsi della beatificazione stessa strumentalizzandola a proprio favore”. Ho sempre apprezzato Maria Fida, donna “vertical”, capace di dialogare con gli assassini del padre e capace di accettare un confronto di mediazione penale. L’apprezzo ancora di più con questa struggente lettera rivolta al capo della chiesa cattolica e, dunque, al rappresentante terreno di un Dio che osserva muto i nostri strani gesti. Aldo Moro era – come lo aveva disegnato Paolo VI – un uomo mite, innocente, giusto e, aggiungo con occhio storico, un martire di una guerra decisa da un gruppo di giovani convinti di essere dalla parte del giusto e convinti di uccidere in nome di un popolo che non esisteva. L’eredità di Aldo Moro è racchiusa non solo nel suo lascito politico dei suoi scritti e dei suoi governi, ma anche in quella tragedia di morte che lui non decise. Lo fecero altri per lui. Gli stessi – forse – che lo accompagnarono in lacrime in un funerale di uno Stato finito dentro la galleria buia ed incapace di agire se non in maniera scomposta. Uno Stato che non volle condurre la trattativa, che non volle comprendere l’importanza di un dialogo, che non seppe leggere tra le righe quello che lo statista, l’uomo, il giusto, il prigioniero Aldo Moro provava a suggerirgli. Furono giorni terribili, trascorsi come dentro un acquario. Furono giorni in cui si decise di martirizzare il presidente democristiano in nome di una fermezza di uno Stato che, di fatto, non esisteva. Questo era quello che vidi alla mia piccola età di diciannove anni. Vidi il corpo di un uomo distrutto, che cercò in tutti i modi di condurre, da solo, un dialogo con gli uomini delle brigate rosse. Non spetta a me dire se egli può diventare un santo. Da laico posso solo affermare che quell’uomo è stato rapito, tradito, dimenticato ed usato nel corso degli anni e, come scrive la figlia nella lettera al Papa: “Dal 9 maggio di 41 anni fa è cominciato il ‘business’ della morte e lo sciacallaggio continuativo per sfruttare il suo nome a fini indebiti.”
Non spetta dunque a me dire se Aldo Moro possa meritarsi l’appellativo di santo ma che molti di coloro che negli anni lo hanno venerato solo ai fini si sfruttarne la sua rettitudine sono degli sciacalli e questo sento di affermarlo come realtà storica.