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La multa alle parolacce (La Nuova Sardegna, 25 agosto 2019)

La multa alle parolacce (La Nuova Sardegna, 25 agosto 2019)

Se dovessimo pagare una multa per ogni parolaccia o per qualsiasi oscenità, in giro di un mese il nostro debito pubblico sarebbe risanato. C’è da sorridere ma non è una semplice “boutade” estiva: in Inghilterra hanno davvero approvato delle norme per mettere al bando le parolacce e non si tratta di piccoli paesini sperduti nella brughiera ma addirittura Canterbury, Nottingham, Dartford solo per citare le più note. Le autorità locali hanno introdotto un divieto di oscenità in luogo pubblico. Il problema è come comportarsi e, soprattutto, come può la polizia locale muoversi nelle pubbliche vie  – e numerosi pub – senza aggrovigliarsi nella difficile decisione? C’è un decalogo delle parolacce da multare? Accidenti quante sterline può valere? E maledizione? La multa prevista arriva sino a 1000 sterline – e non è poco – ma ha subito creato scompiglio e sdegno: multare le parolacce è una restrizione della libertà di parola e nella cittadina di Salford – 72.000 abitanti – è stato prima posto il divieto e poi nei giorni ritirato. E in Italia? Sarebbe bello, per esempio, venisse punito l’insulto gratuito sui social  – e già questa multa potrebbe portare alle casse dello Stato una discreta cifra – ma con la parolaccia, lo sberleffo, il gusto di intercalare non siamo messi proprio bene. Sassari, per esempio, diventerebbe una tra le prime province ad essere multata per le innumerevoli virgole che compongono le discussioni dei propri cittadini. Forse – ma la gara non è semplice – solo i veneti con le loro bestemmie potrebbero superarla. Sono chiacchere da ombrellone, è vero, ma segnano il passo dei tempi. Se si è costretti a pensare di punire la parolaccia per decreto significa che magari si è oltrepassato il limite oppure non si ha più il senso dell’ironia. Trilussa verrebbe cacciato insieme a Gioacchino Belli, ma anche Boccaccio non se la passerebbe troppo bene. Non oso pensare cosa accadrebbe a Pasolini e a si suoi “ragazzi di vita”. E Bukowski? I suoi libri verrebbero messi immediatamente al rogo. Eppure, probabilmente, se potesse, se ne uscirebbe con una delle sue mirabili frasi: “Alcune persone non impazziscono mai. Che vite davvero orribili devono condurre”. D’altronde è sempre più complesso stabilire cosa è, oggi, la normalità. Mettere al bando con decreto le parolacce nel linguaggio quotidiano oltre che impossibile è inutile. Quando si parla tra amici si deve assolutamente contestualizzare quell’attimo: la felicità per qualcosa che è accaduto, la rabbia per qualcosa che si è perduto, la forza della disperazione che ti porta ad aggiungere epiteti più o meno sanguigni. Fanno parte del carattere, della cultura di un popolo, sono anch’esse il sale che condisce piatti a volte molto ricercati. La parolaccia, lo sproloquio, la frase pasticciata è molte volte il frutto di storie che si intersecano e nascono in quel momento, è la risposta ad un ragionamento contorto. La parolaccia è figlia del popolo ma non è populista. Questo gioco funziona però tra le mura amiche, nei gruppi di persone che si conoscono. Non è pensabile, invece, utilizzare frasi ingiuriose, cattive e colorite quando si è invitati ad una riunione, ad un consesso formale. Non è pensabile che un nostro politico possa ingiuriare un collega o anche un semplice cittadino adducendo che in fondo la parolaccia è un intercalare romantico. Non è proprio così: non possiamo punire con una multa chi utilizza locuzioni gergali che sono considerate “parolacce”, ma diverrebbero davvero fuori luogo se utilizzate in un comizio o durante un matrimonio o un funerale. La libertà è un bene prezioso e, come ci ricorda Umberto Eco: “Ciascuno di noi ogni tanto è cretino, imbecille, stupido o matto. Diciamo che la persona normale è quella che mescola in misura ragionevole tutte queste componenti, questi tipi di ideali” e, aggiungiamo, sa benissimo che non si può essere cretini ad un laurea e formali quando si raccontano le barzellette. Le parolacce sono, in fondo, le parentesi delle nostre storie. Non abusarne fa bene, non usarle mai è da inglesi. E i sassaresi questo non se lo possono permettere.