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La bufala sui rom e la nostra cattiveria (La Nuova Sardegna, 4 settembre 2018)

La bufala sui rom e la nostra cattiveria (La Nuova Sardegna, 4 settembre 2018)

Davvero siamo arrivati al punto di non ritorno? Lo chiedo ai sassaresi e ai lettori del quotidiano. Che cosa ci ha costretti ad essere così feroci, così poco disponibili all’ascolto, così esposti all’insulto e a centrifugare qualsiasi notizia senza neppure verificarla e vomitare sul pavimento della discussione tutto il nostro odio, la nostra cattiveria nei confronti dei nostri simili?
E’ probabile, per dirla con Massimo Cacciari che l’uomo –  così come lo dipingono Hobbes, Spinoza, Macchiavelli –  è cattivo: captivus, in senso etimologico,  in quanto prigioniero della più forte delle passioni: l’egosimo e pensare che l’uomo sia buono per natura è fare cattiva letteratura. Siamo giunti a questo, alla politica della bava alla bocca, all’urlare contro il cielo, a continuare imperterriti ad osservare il dito e mai la luna. Il punto di non ritorno è determinato da un fattore fondamentale: quello del rispetto per gli altri e non di ciò che ci accomuna ma, soprattutto da quello che ci divide.
E’ facile stare con chi la pensa allo stesso nostro modo. Ci si sente protetti, unici, vicini. Ma basta poco, pochissimo, per scatenare l’odio, non solo razziale, costruendoci un nemico da insultare, da abbattere. Prendete, per esempio, due italiani che si incontrano ad Amsterdam: troveranno tantissimi punti in comune per chiacchierare e nascerà una complicità quasi naturale. Gli stessi italiani – poniamo un veneto e un siciliano – che, rientrati in Italia, cominceranno a non essere così complici come lo erano ad Amsterdam: li divideranno i luoghi, le squadre di calcio, il modo di vedere il mondo che è essenzialmente diverso da quello osservato fuori dalla patria. Così quei sassaresi che si son trovati davanti ad una notizia – rivelatasi completamente falsa, ma questo è un altro discorso – di giovani zingari che avrebbero occupato una villa,  hanno subito organizzato una canea terribile, volgare, gonfia di luoghi comuni, utilizzando il web – strumento bellissimo e atroce nello stesso tempo – per la caccia all’untore.
Si è letto di tutto: dalla raccolta di firme per cacciarli via, alle minacce di morte e di giustizia sommaria – dimmi dove sono che ci vado io – alla proposta di arderli vivi,  alle accuse sparse contro il comune che non fa nulla per cacciare questa gente e che, addirittura, gli assegnerà degli alloggi popolari, all’accusa di essere sporchi e, soprattutto “fanno figli a nastro”, accusa quest’ultima che fino a qualche anno fa era tipica degli italiani del nord contro quelli del sud, sardi compresi. Poi è successo qualcosa di incredibile. Quella villa – non un magazzino, vi rendete conto? – era solo l’ex alloggio di un casellante, ovvero una casa cantoniera di proprietà delle Ferrovie dello Stato (e non del comune) dove ad occuparla non erano i rom ma un siciliano di 27 anni e una sassarese di 23 anni con sei figli!
Il silenzio ha camminato sul web. Siamo stati catapultati ad Amsterdam dove degli italiani, in questo caso una sassarese, un siciliano e altri sassaresi di variegata e perfida umanità hanno stretto un patto di non belligeranza, sono diventati improvvisamente complici: vabbeh, siete italiani, senza lavoro, avete ragione. Troppi figli per avere solo 23 anni? Si, ma il comune non aiuta, la famiglia è una bella cosa e se non ci fossero i neri e i rom tutto funzionerebbe in questo maledetto paese.
E’ finita – giustamente – con la promessa di denunce da parte del sindaco su una notizia che era falsa ma che ha scatenato la perfidia di alcuni cittadini di una città sempre più incattivita e arrotolata dentro una matassa di difficile lettura. Se era grave l’occupazione abusiva da parte dei rom di una casa dello Stato lo è anche se ad occuparla sono degli italiani. E’ di questi giorni la notizia di una violenza carnale per la quale sono stati accusati due allievi della polizia di stato. Nessuno ha urlato la castrazione contro questi che sono più colpevoli dei senegalesi,  in quanto rappresentavano lo Stato. Sassari non è razzista. Però.

 

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