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Ilaria Salis, le galere italiane e il silenzio del governo (La Nuova Sardegna, 7/2/2024)

Ilaria Salis, le galere italiane e il silenzio del governo (La Nuova Sardegna, 7/2/2024)

Ne ho visto di cose orrende nelle galere italiane. Gente che gridava, piangeva, si disperava. Vestita male, con il cuore a brandelli, pensieri torvi, vite sbilenche. Ho visto ladri, assassini, rapinatori, tossici, disperati, stupratori; mafiosi, camorristi, accoltellatori. Ho visto uomini camminare per le strade dell’inferno, uomini tristi e meschini che speravano in una parola di consolazione. Tutto si vede nelle galere del mondo dove la dignità cammina ben sotto i piedi degli esseri umani. Eppure, per quanto triste, per quanto orribile e per quanto duro sia lo sguardo nel buio di chi ha commesso un delitto e giustamente lo sta pagando o di chi, invece, è in attesa di giudizio e avrebbe diritto ad altro trattamento nelle galere della nostra patria, non ho mai visto un uomo o una donna con polsi chiusi con le manette e piedi legati da ceppi di cuoio con i lucchetti. Nessuno, neppure Riina, Messina Denaro, Cutolo, neppure il peggiore degli uomini è stato trattato in quel modo. Perché c’è un punto di dignità che non è barattabile e non lo puoi negare neppure a chi si è macchiato di delitti orribili: quel punto è legato al rispetto dei diritti umani, della carta costituzionale, delle regole internazionali.

Davanti a quella terribile vista che ci costringe a riflettere e non a chiudere gli occhi, noi italiani ma, soprattutto, noi europei, dovremmo cominciare a riflettere sul serio sul concetto di “custodia cautelare”, “trattamento umano” e “tortura”. L’Europa, nel gennaio del 2013,  condannò l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Il caso, noto come “Torreggiani”, dal nome del detenuto che sollevò la questione,  riguardava trattamenti inumani o degradanti subiti da alcuni detenuti che per molti mesi nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza furono costretti a vivere in celle triple con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione. Molti  – giustamente – si indignarono e la Corte Europea costrinse l’Italia a correre ai ripari. Negli anni successivi in tutte le carceri italiane ci fu una vera e propria rivoluzione per garantire a tutti i detenuti una vita degna di un essere umano. Vedere Ilaria Salis, attualmente detenuta in Ungheria, con i polsi chiusi con le manette e i piedi legati con ceppi di cuoio con i lucchetti ci trasporta in un vero e proprio film dell’orrore e ci costringe a domandarci: dov’è l’Europa? Dove sono coloro i quali hanno pronunciato la famosa “sentenza Torreggiani”?

“La carcerazione”, sentenziarono quei giudici, “non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione. Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi sotto la responsabilità dello Stato”. Nel caso di Ilaria Salis manca totalmente il rispetto della dignità umana, è costretta  ad uno stato di sconforto assoluto e manca quello che la corte sottolinea come “benessere del detenuto da assicurare adeguatamente”. L’Europa non ha mosso un dito e l’Italia solo timidamente ha cominciato ad attivare i canali diplomatici con l’Ungheria. Qualcuno ha voluto ricordate che, in fondo, anche nel nostro paese  il trattamento riservato ai detenuti durante le udienze è simile. Ovviamente non è vero e non è vero non solo perché lo vieta il regolamento nazionale ma proprio perché striderebbe con la convenzione europea. Ho sentito alcune persone dire a gran voce che, in fondo, la ragazza se lo merita e il carcere in Italia è troppo “permissivo”. Non auguro mai a nessuno di trascorrere neppure un giorno in nessun carcere del nostro paese. Dovremmo vergognarci per questo atteggiamento di uno stato Europeo e dovremmo suggerire al governo italiano di alzare un po’ la voce costringendo la Corte Europea a sanzionare l’Ungheria. Speriamo ci siano dei giudici a Strasburgo che abbiano visto quelle immagini. Speriamo che la dignità faccia il suo corso proprio perché ce lo chiede l’Europa.