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Il sale della democrazia  (La Nuova Sardegna, 4 giugno 2020)

Il sale della democrazia (La Nuova Sardegna, 4 giugno 2020)


La frase di Barack Obama è utile per comprendere il perimetro sociale in cui ci stiamo muovendo: “Nulla di tutto questo dovrebbe essere normale in America”. Si riferisce, ovviamente, a quanto è accaduto a Minneapolis dove un poliziotto bianco ha con una certa violenza e cinismo ucciso un uomo di colore che, probabilmente aveva commesso un reato, ma che a
veva il diritto ad un giusto processo negli Stati Uniti d’America come in qualsiasi altra parte del mondo. Vecchie immagini che scorrono nei ricordi di tutti noi e che ci portano a riflettere su quanto sia difficile il mestiere di poliziotto e di quanto sia complesso mantenere l’ordine, garantire la sicurezza in nome di un popolo e di uno Stato. Le due parti della barricata si sono sempre guardate in cagnesco forse dai tempi di Caino e Abele e anche da quella storia (che andrebbe assolutamente rivista con altre angolazioni) non si è mai ben compreso chi siano i buoni e, soprattutto, chi siano i cattivi. Non esistono guerre giuste e non esistono – ovviamente – guerre sante. Non ci sono omicidi giusti e non ci sono morti giustificabili con la scusante dell’errore umano, della stanchezza, dell’adrenalina, dello sconforto, della paura. Il poliziotto (e qualsiasi tutore dell’ordine) è il garante della democrazia, è il primo tassello della nostra sicurezza, è la certezza che tutti possiamo godere della nostra libertà, che tutti possiamo sentirci tranquilli nelle nostre città, nei nostri quartieri, nelle nostre case. Non sempre le cose sono andate in questo modo, non sempre i tutori dell’ordine hanno risposto con quella professionalità che li contraddistingue, con quella fermezza e quella calma che si impara stando sul campo, osservando le cose, parlando con la gente. Lo Stato non può e non deve vendicarsi, lo Stato deve mantenere sempre i nervi saldi, lo Stato deve dimostrare fermezza e rigore e deve garantire, attraverso l’analisi sociale, la libertà e la democrazia. Lo Stato è fatto da persone disposte a rispettare le leggi e da altre che, invece, hanno deciso di contrapporsi alle regole. La scelta di istituire in Italia il “poliziotto di quartiere” è stata un’ottima intuizione. Serviva – almeno questo era lo scopo principale – ad attenuare le eventuali divergenze sociali, analizzare e comprendere l’anima di quel piccolo perimetro dove era apprezzabile conoscere e farsi riconoscere. Quando le forze dell’ordine non riescono a tradurre le tensioni sociali rischiano di non avere una visione reale del quartiere, della città, del paese. Quando non si è in grado di comprendere gli atteggiamenti dell’altro (che, ricordiamolo, non è mai avversario, non è mai cattivo e reietto) si rischia di non saper gestire quella situazione, si rischia di non saper interpretare quell’attimo e l’errore è dietro l’angolo. Pensare di essere dalla parte giusta, ritenere che quell’atto serve a risolvere il problema, è il primo passo verso il baratro, il primo passo per far scricchiolare quel grande lago ghiacciato che è la democrazia, un lago su cui occorre saper camminare e comprendere quando ci sono troppe crepe dove un peso troppo grande non reggerebbe. Lo abbiamo visto con il caso di Stefano Cucchi (e non solo, purtroppo) abbiamo visto quante lacerazioni sono state prodotte da quei gesti inconsulti di uomini dello Stato. Ciò che è accaduto in America non dovrebbe mai accadere in nessuna parte del mondo. Sappiamo che non è così: in molte parti del mondo vengono uccisi senza porsi troppe domande ispanici, cubani, magrebini, russi, afroamericani ma di contrappunto ci sono ispanici, cubani, magrebini, russi e afroamericani che uccidono altri uomini. Non possiamo continuare a decidere in un attimo chi è buono e chi è cattivo: chi e Abele e chi è Caino. Non è semplice. Dobbiamo sperare che chi è deputato a difendere la democrazia e la libertà sappia, da vero professionista, porsi le giuste domande e non avere mai nessuna certezza: il dubbio aiuta a non premere mai il grilletto. Il dubbio, in questi casi, è il sale della democrazia.

La Nuova Sardegna, 4 giugno 2020
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