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Il rumore della corruzione (la nuova Sardegna 8/3/2015)

Il rumore della corruzione (la nuova Sardegna 8/3/2015)

Le parole hanno un peso e un senso ma generano anche un rumore che, a volte, fa davvero paura. Prendete la parola corruzione. La trovate ormai da tutte le parti. Il suo rumore produce lo stesso effetto del gessetto sulla lavagna: stride. Non è piacevole, perché associamo subito a quella parola le azioni che ne derivano, la sporcizia che vi è intorno, la rabbia verso chi corrompe per ottenere qualcosa in cambio di danaro. Secondo alcuni dizionari la corruzione è «la degenerazione spirituale e morale; il totale abbandono della dignità e dell’onesta». Ecco il rumore sordo che si contrappone al silenzio degli sguardi. La corruzione è calpestare la dignità umana e questo vale, purtroppo, per il corruttore e per il corrotto che, seppure da vittima, subisce questa terribile depravazione morale.
Lo stupore sta nello scoprire che coloro i quali la corruzione la dovrebbero combattere, di colpo vengono arrestati per corruzione: un po’ come scoprire che nella favola di Cappuccetto Rosso il lupo è quasi un innocuo animale e la ragazzina, invece, è il killer che uccide la nonna. Perché siamo giunti a questo punto? Non bastano, evidentemente le analisi sociologiche, non bastano neppure gli sforzi quotidiani di chi continua, da sempre, a battersi contro questo cancro che ha ridotto in metastasi l’Italia. Non bastano le leggi e non basta neppure la paura del carcere. Il fenomeno della corruzione sembra essere così permeabile nel nostro tessuto sociale che non si trova nessuna valida e immediata soluzione. Alcune scelte politiche non hanno certamente aiutato, i comportamenti quotidiani portano, quasi sempre, se non ad atti di corruzione perlomeno a piccoli compromessi. Il nostro è, da tempo, un paese borderline dove la personalità è così rarefatta e intrisa di piccoli sotterfugi, che la corruzione è solo l’approdo finale e quasi logico. A scuola, per esempio, non si insegna più l’educazione civica, “i fondamentali” diceva il mio vecchio professore di storia; non esiste la cultura dell’onestà perché non ci sono, o sono troppo pochi i famosi “buoni esempi.” Tutto è troppo complicato, tutto è troppo farraginoso ed è vero, ma la risposta non può essere «cosa possiamo fare per risolvere il problema?» Quella è la frase che ci porta a scardinare le rotaie della normalità, ad accettare il compromesso, a sperare nell’aiutino perché, in fondo, tutti devono avere una possibilità. Questo punto è quello di non ritorno. Una volta fatto il primo passo si entra nell’ingranaggio e se ne accettano le condizioni. Questi comportamenti esistono da sempre. E’ vero. Ma oggi sono divenuti insopportabili perché colpiscono un paese che non produce ed è avvitato da anni dentro una crisi con poche vie di uscita.
Fa male scoprire che Roberto Helg, il numero uno della camera di commercio di Palermo, paladino dell’anticorruzione, venga scoperto con le mazzette in mano e per giustificarsi usi parole davvero pesantissime e rumorose: «Avevo una casa pignorata». Come se tutte le persone in difficoltà sono autorizzate ad andare in giro per corrompere la gente. A Pompei sono stati sequestrati sei milioni di euro all’ex commissario degli scavi, per non dire della mafia a Roma. Il buon Cantone ogni giorno denuncia gare pilotate, senza alcuna trasparenza, lesive della concorrenza. Se qualcuno continua a pensare che la soluzione sia quella di inasprire le pene si sbaglia. Il problema è semplice: le pene esistono e sono sufficienti. I corrotti però, difficilmente, riescono ad arrivare alle soglie del carcere. Promettere sfracelli senza mantenere neppure il minimo sindacale equivale ad intonare un vero inno alla corruzione. Smettiamola di indignarci e chiediamo processi rapidi e reali e cominciamo, nel nostro piccolo, a rispettare la fila, senza cercare “l’aiutino”, anticamera del malaffare. E proviamo a leggere, con i nostri figli un libro di educazione civica. Non risolve, per carità, ma aiuta.