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un filo sottile unisce orrore e normalità. (La Nuova Sardegna, 6 giugno 2014)

un filo sottile unisce orrore e normalità. (La Nuova Sardegna, 6 giugno 2014)

ARTICOLO APPARSO SULLA PRIMA PAGINA DEL QUOTIDIANO “LA NUOVA SARDEGNA” 17 GIUGNO 2014 – © by Giampaolo Cassitta

Ci sarà pure una linea sottile che unisce tutto e tutto spiega. Ci deve pur essere da qualche parte perché si rischia di rimanere sgomenti dentro un vortice che sembra non finire più, inghiottiti dalle atrocità degli uomini. Solo un mese è trascorso dalla notizia tragica di Tempio, dove ancora tutto è da sedimentare e comprendere, dove una famiglia è stata uccisa, una comunità distrutta, un uomo in carcere in attesa di raggomitolare la propria coscienza. Adesso, in un paesino del milanese, un altro uomo, un altro “normale” ha ucciso la moglie di 38 anni e i suoi due figli: Giulia di cinque anni e Gabriele di 20 mesi. Dopo aver confessato ha dichiarato di volere il massimo della pena. Qualcuno sui social network ha subito commentato: “sarai accontentato”. Eppure due triplici omicidi (e non sono gli unici e non saranno, purtroppo gli ultimi) così apparentemente lontani non possono continuare a rimanere solo nelle pagine di cronaca sui giornali per poi sparire dopo qualche giorno. La comunità deve cominciare a cercarla quella linea sottile che è nascosta nel sottosuolo della propria esistenza. Perché questi sono i nostri prodotti. Nostri e di nessun altro. Non ci sono commistioni con altre culture, non ci sono follie religiose, non ci sono spiegazioni psichiatriche. Tutto questo nasce nella nostra “normalità”. Si è ucciso, probabilmente, per un’automobile e neppure di grosso calibro e valore, si è ucciso perché la donna, sua moglie, la sua compagna rappresentava un intralcio ad un suo futuro di libertà. Fateci caso: in entrambi i casi non c’è la ricerca del castigo, la paure folle di aver compiuto un gesto osceno. In entrambi i casi si assiste alla mancanza assoluta di emozioni: si va a scrutare, come attore non protagonista il luogo del delitto (nel caso di Tempio Pausania) oppure – ed è ancora più atroce – si rimuove totalmente il delitto andando a guardare, con amici in un bar, la partita dell’Italia, gioire dei gol, fare rientro a casa, in quella casa gonfia di sangue rappreso, parlare con la polizia urlando di aver scoperto l’orrendo delitto: il suo. Come un film, come un’orrenda commedia, come un fumetto. Non è cronaca dunque, non è solo cronaca. Non è neppure la trama di un giallo splatter. Questa – dobbiamo provare a dircelo, anche sottovoce – è la vita, la nostra vita. Loro, gli assassini (o presunti tali, posto che nel caso di Tempio Pausania i contorni sono ancora da disegnare) sono seduti sul nostro stesso tavolo e amano le nostre stesse cose, osservano nello stesso nostro modo un mondo che, a quanto pare, non ha gli stessi orizzonti. Dicono la mancanza di valori, eppure in quest’ultimo caso parliamo di un giovane ragazzo, padre attento e premuroso, senza nessun problema apparente che sgozza la moglie e soffoca i figli. Dicono la velocità dei tempi. Una volta il mondo era più riflessivo. Oggi, invece tutto va bruciato in giornata, per poi ricominciare. E’ la tragedia del benessere, dell’avere tutto e subito, del volere tutto e subito, dell’impossibilità di potersi accontentare perché non si è in grado di saper ascoltare il rumore della vita. Ci sarà pure una linea sottile che unisce l’inverosimile che possa, in qualche modo, far incontrare queste parallele apparentemente lontane e indecifrabili. E’ solo una questione legata ai tempi moderni? E’ solo qualcosa di “folle” che non ci appartiene? Quante volte abbiamo urlato e inveito contro l’altro, contro l’orco cattivo che giungeva da lontano, contro lo straniero? Ci sarà pure una linea sottile che unisce l’orrore e la vergogna e quella linea parte proprio da casa nostra, dal nostro orto, dalle nostre famiglie.