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E allora Bibbiano? (La Nuova Sardegna, 11/09/2019)

E allora Bibbiano? (La Nuova Sardegna, 11/09/2019)

Non parlerò di Bibbiano e di una storia che dovrà essere chiarita nelle sedi più opportune: quelle giudiziarie. Parlerò, invece, di una categoria che a seguito dell’inchiesta sui fatti di Bibbiano sembra essere sull’occhio del ciclone: gli assistenti sociali. Ne parlo con una certa cognizione di causa e di lunga esperienza dovuta al mestiere che mi ha portato – e mi porta – a condividere con loro moltissime storie di minori, di detenuti e dei loro familiari. Storie difficili, controverse, alcune cattive, altre terribili e altre ancora pietose. Un universo attorcigliato all’interno di percorsi di vita che sono paragonabili a delle carcasse abbandonate. Una categoria non va mai demonizzata. Non è vero che tutti i politici sono ladri, i siciliani mafiosi, i napoletani camorristi e i sardi sequestratori di persona. Non è vero perché è oggettivamente dimostrato dai fatti: le percentuali sono davvero irrisorie. Pensate ai sequestratori della nostra terra: hanno costruito il luogo comune per tutti noi nonostante il numero non superasse, negli anni, le tremila persone a fronte di quasi due milioni di abitanti. Eppure siamo portati a generalizzare, a parlare per frasi fatte, ad emettere sentenze senza neppure conoscere a grandi linee ciò che è accaduto veramente. Non parlerò di Bibbiano ma di un metodo di lavoro: quello del servizio sociale che scommette, quotidianamente sulle persone. Sono professioniste preparate, nella quasi totalità donne, dotate di un’indiscussa sensibilità, attenzione per le persone e per i contorni delle storie con un margine d’errore altissimo dovuto al fattore preponderante e imprevedibile: quello umano.
Con gli uomini si scommette e a volte – molte volte – si sbaglia, si può sbagliare. Quante volte avete pensato: “dal mio miglior amico non me lo sarei mai aspettato”, quante sono le faide nate e consumate all’interno della famiglia, il nucleo più sacro del genere umano? Essere professionisti significa conoscere meglio di chiunque altro le regole del gioco, le possibilità di intervenire, di modificare gli assetti, la capacità di mediare e smussare le avversità, le sopraffazioni, cercare di colorare quella zona grigia sempre presente all’interno delle dinamiche familiari. L’assistente sociale è un bellissimo mestiere. Prevede un’altissima dose di passione, costanza, predisposizione all’ascolto, capacità di saper leggere le situazioni, ricerca delle soluzioni possibili che riescano, in qualche modo, a trovare una strada diversa da quella che ci si è trovati davanti: sicuramente non la migliore ma probabilmente quella che offre migliori possibilità. Svolgere il mestiere di assistente sociale non è facile. Nel tempo e negli anni sono aumentate le diversità, si sono incancrenite le povertà, le scelte sbagliate di giovani e meno giovani a contatto con molte droghe, alcool, slot-machine. L’assistente sociale è stato ed è un piccolo baluardo davanti alle contraddizioni costruite da questo mondo elettrico e veloce, capace di autodistruggersi e autocommiserarsi nello stesso tempo. Se non arrivano i sussidi, se ci sono le crisi familiari, se i bambini vivono in un nucleo non propriamente sano per la loro crescita, la colpa diventa delle assistenti sociali. E’ come accusare i vigili del fuoco di non essere riusciti a spegnere l’incendio in un attimo e non, come dovrebbe essere normale, provare a domandarsi chi ha fatto scoppiare quell’incendio. Le assistenti sociali, inoltre, non si fermano a questa fase esclusivamente “indagatoria” ma provano anche a chiedersi perché tutto ciò è potuto accadere. Sulla ricostruzione dei fatti bisogna mantenere molta cautela: non sempre le cose sono avvenute come vengono narrate. L’assistente sociale non è un poliziotto o un pubblico ministero alla ricerca della verità: è, piuttosto, un raccoglitore di storie e di eventi e prova, faticosamente ma con tenacia e con gli arnesi che il mestiere concede, a ricostruire il puzzle sociale molto frammentato e contraddittorio. Questo è un bellissimo e nobilissimo mestiere. Non sporchiamolo con i luoghi comuni.