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Dolci, sante e marescialli. Arkadia editore 2017

Dolci, sante e marescialli. Arkadia editore 2017

Dolci sante e marescialli copia

 

Nel piccolo paese di Roccabuiedda pare non accada mai nulla. Niente crimini, neppure un furto. Il maresciallo Fabotti trascorre così molto serenamente le sue giornate, tra la caserma e casa sua. Fin quando, in una tiepida mattina, irrompe nell’ufficio donna Matilde Serrau, la moglie del vicesindaco, noto per essere uno scansafatiche. C’è stata una rapina, dice, in chiesa per giunta! Fin da subito il “sacrilego atto” appare contornato da un alone di mistero e ambiguità. Cosa c’entra con tutto questo la decisione del Vaticano di annunciare che i festeggiamenti di Santa Rita sono spostati dal 22 maggio, ricorrenza della sua morte, al 9 settembre? Perché mai donna Matilde, proprietaria della pasticceria più nota della zona, vive questa notizia come un dramma epico? E perché, lo stesso maresciallo, accusato al principio di prendere la cosa sottogamba, improvvisamente si ritrova schierato in prima linea e impegnato a far sì che le alte sfere religiose facciano marcia indietro? Un romanzo spassoso, ironico, in cui il sacro e il profano si scontrano in una lotta titanica tra malintesi, sotterfugi, imbrogli e chi più ne ha più ne metta.

Capitolo 1
Di primissimo mattino Matilde Serrau si presentò al portone della caserma dei carabinieri che trovò incredibilmente chiuso.
Bussò, usando il battacchio, sino a che l’appuntato Marceddu non aprì esitante e, trovandosi la donna di fronte, pensò si trattasse di cosa grave. Anzi, gravissima.
Spettinato e anestetizzato dal sonno, la camicia d’ordinanza fuori dai pantaloni, riuscì solo a mettersi sull’attenti e amplificare così il disordine generale in tutta la persona. Per fortuna Donna Matilde non si occupò delle formalità e senza neppure salutare disse:
«Dovete intervenire subito, in chiesa.»
«E’ successo qualcosa?» chiese lui di rimando, mentre tentava con goffaggine di sistemarsi la camicia e darsi un tono più professionale, non tanto per piacere alla donna piuttosto per paura di essere redarguito dal Maresciallo Fabotti.
«Una rapina» urlò secca Donna Matilde scostando con il rotondo corpo l’appuntato e facendosi spazio all’interno della caserma.
«Una rapina? Qui, a Roccabuiedda? Mi sembra impossibile.»
«Non ho chiesto il suo parere. E se una rapina c’è stata mica possiamo fare finta di niente.»
«Certo, certo. Chiamo il maresciallo.»
«Lasci perdere il maresciallo, che sono cose che possiamo fare benissimo senza scomodare il capo della benemerita.»
«Ma come, una rapina e per giunta in un paese dove non si ruba una gallina e lei non vuole scomodarlo? Verrei scorticato vivo dal mio superiore.»
Donna Matilde era sempre più agitata e l’appuntato, rendendosi conto che lo stato ansioso stava lentamente aumentando, la fece prima accomodare nel corridoio e poco dopo la accompagnò presso una stanza e mostrandole una sedia vicino ad un tavolo pieno di scartoffie la invitò a sedersi.
«Così, mentre le porto un po’ d’acqua avviso il maresciallo.»
«Faccia presto perché una rapina è una rapina.»
«Certo Donna Matilde, certo. Vado a chiamarlo e vediamo di verificare ciò che è accaduto. Capire soprattutto se i rapinatori sono fuggiti.»
«Non è fuggito nessuno,» disse la donna rimodulando la sua voce verso toni più alti.
L’appuntato, ormai sull’uscio della porta, in procinto di chiamare il superiore ritornò, effettuando una piccola giravolta all’indietro: «Sono barricati da qualche parte?»
«Certo,» gli rispose lei con un sorriso al limite del diabolico.
«In chiesa?»
«No.»
«In sacrestia?»
«Neanche».
«Si può sapere dove sono questi rapinatori?»
«A Roma.»
«Vado a chiamare il maresciallo», disse alla fine in maniera concitata, «e lei, per favore, non si muova di qui.»