
Le prigioni di Sarkozy
Hanno un senso le urla e gli insulti rivolti dai detenuti all’ex presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy nella sua prima notte nel carcere della Santé, a Parigi. Quelle voci, quella disapprovazione raccontano due cose o, forse, una sola: il dileggio per un uomo di potere finito in disgrazia e il rifiuto di considerarlo un “ultimo”.
In carcere c’è questa strana convinzione che a scontare le pene, in fondo, siano solo i poveri cristi, e quando capita che arrivi un “colletto bianco”, viene subito emarginato e, in alcuni casi – come per Sarkozy – escluso dai “pari”. Lui, insomma, non fa parte della cerchia degli ultimi.
È un comportamento claustrofobico, per certi versi elitario, e pone l’accento sulle differenze tra i detenuti e gli altri: quelli che, solitamente, in carcere non ci finiscono. Eppure, dopo qualche mese (e succederà, ne sono certo, anche a Sarkozy), gli ex eletti, i divini, gli intoccabili riescono a far parte del gruppo. Diventano lentamente detenuti come gli altri, con gli stessi pregi e difetti.
È stato così per Dell’Utri, per Salvatore Cuffaro, per tutti coloro che, entrando in carcere, erano considerati diversi, nemici – pensate ai poliziotti, per esempio – ma che poi, per una sorta di condivisione della disperazione, per quella che l’immenso Totò chiamava “livella”, finiscono col ritrovarsi e condividere quello strano pezzo di vita.
Sarà così anche per Sarkozy? Difficile prevederlo, anche perché le istituzioni totali si somigliano in tutto il mondo: hanno le stesse regole, codificate e non, ma l’ambiente, l’umore, i modi di vivere il carcere sono diversi, perché diversi sono gli uomini che lo abitano.
L’ex presidente francese ha scelto due libri da portare con sé: Il conte di Montecristo e La vita di Gesù. Due ottime letture, utili per approcciare la nuova esistenza. In fondo, sia il Conte che Gesù partivano da una sconfitta e hanno conosciuto uomini e ingiustizia.
Provare a capire gli ultimi è sempre un buon punto di partenza. Condividere il loro mondo rappresenta un arricchimento ulteriore, un passaggio necessario in un processo di riposizionamento dentro una società che li ha sempre esclusi. E dall’Eliseo, quei “piccoli puntini insignificanti”, apparivano davvero lontani.