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il colore dei soldi- La  Nuova Sardegna del 19/8/2016

il colore dei soldi- La Nuova Sardegna del 19/8/2016

Forse la verità era più semplice di quanto potessimo immaginare ma non si voleva scovare perché non faceva parte del corredo del bravo e serio militante. Sono storie cicliche, che si ripetono e che, in larga misura, si sono già viste.
Per fare politica servono le idee, le intuizioni, le passioni e le visioni di largo respiro. Tutte cose che non si acquistano in nessun supermercato e che, invece, sono gli attrezzi basici per poter presentare il proprio punto di vista. Però, poi, soprattutto di questi tempi, ci vogliono i soldi.
Le idee non camminano senza un buon budget e non si può ben amministrare i beni di tutti in maniera “volontaria”. Non funzionano, insomma, i vecchi principi del socialismo reale dove tutti partecipavano con le proprie forze al miglioramento dello Stato e tutti con lo stesso stipendio. Dove si è provato questo modello, ha miseramente fallito. Eppure, a parole, è quello che molti a gran voce chiedono. Si scopre, però, che con l’autofinanziamento non si arriva molto lontano e che vivere a Roma ha un costo, governare una capitale ha un prezzo e le eccellenze hanno un budget molto alto. Lo hanno scoperto in queste settimane i simpatizzanti del movimento cinque stelle quelli che, per intenderci, non sopportano strapagare i politici e chi si interessa di politica salvo poi, una volta raggiunta la stanza dei bottoni, fare parziale marcia indietro al grido di: è il mercato, bellezza.
Certo, è il mercato e queste sono le regole.
Non si può pretendere che un Magistrato si occupi di cose complicatissime e delicate con un compenso inferiore al suo stipendio. Ma non si può neppure accusare chi rintuzza i ragazzi cinque stelle su questo argomento di essere contro i magistrati. Troppo facile.
Si governa con passione, con costanza, con impegno e si ottengono i risultati se si utilizzano le eccellenze. Bene ha fatto la sindaca di Roma a scegliere persone affidabilissime e preparate. Quelle persone però, occorre pagarle. Come tutte le prestazioni in un mercato libero.
Se voglio vincere lo scudetto acquisto un top-player e il suo è un costo a volte spropositato, decisamente esagerato, però vincere il campionato ha il suo tornaconto in termini di business.
I soldi non sono un fattore negativo. Rappresentano il mezzo per ottenere dei risultati. Sono merce di scambio.
I soldi sono come un coltello da cucina: utilissimo se usato per pelare le patate o preparare un’insalata, terribile se lo stesso coltello lo utilizziamo contro una persona per sopprimerla. 
I soldi non devono far paura e non dobbiamo neppure avere paura di utilizzare il denaro per fare politica. Il problema vero, serio, è che abbiamo inseguito la musa dell’antipolitica convinti che chi finiva in parlamento, in regione o nei comuni doveva essere sottopagato e, al massimo, avrebbe dovuto restituire gran parte dello stipendio. Poi tutto questo non è avvenuto o, comunque è accaduto in parte, e senza neppure rappresentare la soluzione ai mali del paese.
Quando gli stessi arruffapopolo sono finiti al governo anch’essi hanno fatto i conti con la dura realtà e hanno compreso che i professionisti, quelli veri, quelli seri (e questo paese ne ha moltissimi) ci sono ma hanno un prezzo. Non è un prezzo alto o scandaloso: è quello giusto. Perché, se si chiede meritocrazia, concorso di idee, serietà e onesta si deve anche capire che queste cose si pagano.
Come si diceva una volta: se un medico risolve il problema la sua opera non ha prezzo. Ecco, questo sembra essere il punto per un paese che deve fare i conti con la corruzione e il malaffare.
Le medicine hanno un costo. Per tutti. Altrimenti continueremo ad urlare contro un cielo sempre più grande ma che non ha più il tempo di ascoltare.