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Il bullismo dei genitori (La Nuova Sardegna, 22 novembre 2017)

Il bullismo dei genitori (La Nuova Sardegna, 22 novembre 2017)

Chissà perché il film con Frank Sinatra e Marlon Brando del 1955 con il titolo originale guys and dolls, ovvero “ragazzi e bambole” fu tradotto in italiano “bulli e pupe”. Probabilmente perché rendeva meglio, aveva più “charme. Perché a quei tempi – e parlo della fine degli anni 50 – essere bullo rappresentava per un ragazzino essere “sveglio, al passo con i tempi, uno con l’argento vivo addosso”.

Molti di noi non lo sarebbero mai stati e, probabilmente, non potevano mai diventarlo. Anche perché, a dirla tutta, a fare i cretini, a mostrarci spavaldi, ci si vergognava.  C’era inoltre un fattore frenante: il correttore naturale era rappresentato dai genitori o dagli adulti che riuscivano a disegnare solchi chiari e netti diversi da quelli in cui volevamo continuare a sguazzare. I genitori rappresentavano un punto fondamentale nella nostra crescita: vedevamo i loro paletti sociali come limiti ma, in ogni caso, mai avremmo pensato di andare contro la loro decisione. Una delle giornate più difficili era rappresentata dall’incontro tra i genitori e i professori: i famigerati colloqui e non ci è mai passata l’idea che i genitori potessero difenderci davanti al docente o al preside. Se venivi scoperto sapevi che non l’avresti scampata e la punizione sarebbe calata inesorabile: non uscire per una serie di giorni, divieto di vedere gli amici, anche a casa, obbligo di studiare con controllo genitoriale. Dico questo perché questo tassello è inesorabilmente saltato: i genitori partono, molte volte, dal presupposto che i figli non abbiano commesso gravi errori, che dobbiamo comprenderli perché, poverini, sono stressati.

L’involuzione che c’ è stata in questi ultimi anni è rappresentata dall’arroganza di certi adulti più che dalla tracotanza dei ragazzini. Quando un magistrato, in quanto magistrato, si presenta davanti alla preside e pretende di sanare i giorni di sospensione presi dal figlio, quando un giornalista decide di scrivere un articolo contro i docenti perché ritiene che sua figlia abbia subito un abuso per quel quattro in matematica ecco, credo che questo sia un atteggiamento odioso e pericoloso.  I bulli sono i genitori e questi episodi sono accaduti al Liceo Virgilio, uno dei più rinomati e importanti di Roma.

I nostri figli hanno ormai il cellulare a sei anni, giustificato dalle nostre paure e ansie che rischiano esclusivamente di crescere figli stressati e insicuri, incapaci di attraversare la città senza utilizzare google map. Noi siamo l’esempio dei nostri figli e allora c’è da chiedersi: che ragazzino ne uscirà fuori dalla famiglia di quel magistrato e di quel giornalista che hanno attaccato, senza neppure verificare i fatti, la scuola dove i loro figli passano moltissimo tempo? I ragazzi oggi vivono ogni attimo con il loro cellulare che utilizzano per tutto, tranne che telefonare. Pensateci: noi che dovevamo rimettere i nostri figli dentro i solchi della normalità li abbiamo seguiti in questa strana avventura utilizzando goffamente gli stessi mezzi.

Tutto è diventato a portata di mano, anche se con mano non si tocca più nulla. Il virtuale è diventato terribilmente reale e i nostri ragazzi ci camminano dentro per ore, giorni. Parlano, si muovono, inviano foto, filmini, giocano e camminano su un filo spaventosamente sottile.  Dobbiamo stare attenti anche ai loro silenzi, provate a coinvolgerli. Insegnate ai ragazzi l’amore per la bellezza, per le piccole cose e puniteli quando meritano. Non sentire J-Ax per una sera servirà a comprendere quanto è importante la musica, quanto è importante imparare a vivere con gli altri e per gli altri. Un like non ci va vincere nulla, un sorriso vero, un rimbrotto reale ci mantiene in vita e ci fa capire che esistiamo. Il virtuale è un passaggio per conoscere la superficie degli altri ma non serve per conoscere i sentimenti degli uomini. Quello è il mondo photoshop, fatto di aiutini, di furbizie, di falsità che nel mondo reale non esiste in quanto non è possibile correggere i difetti, mentre dobbiamo insegnare ai nostri figli di essere orgogliosi delle proprie differenze perché li rende unici. Dobbiamo insegnare ai nostri figli la cultura della sconfitta, dobbiamo insegnare ai nostri figli a non farsi usare dai mezzi ma ad usare i mezzi. Non permettete ai vostri figli di massificarsi, di essere uguali agli altri. Dobbiamo coltivare la cultura del dissenso, dello spirito critico, dell’analisi. La felicità non è un racconto, non è un album di fotografie, non è la foto nuda della propria ragazza da mostrare vigliaccamente a tutti. Bulli e pupe è solo un bel film. Il cyberbullismo uccide.