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Rompiamo le armi

Rompiamo le armi

Quando qualcuno afferma di essere contro la guerra occorre subito correggerlo: dobbiamo essere contro le guerre. A scanso di equivoci e per una giusta visione della problematica generale,  di guerre in giro per il mondo ce ne sono molte. Alcune nascoste, altre striscianti, molte dimenticate e da dimenticare. Il sangue ha lo stesso colore e le guerre sono tutte sbagliate. A prescindere. E’ necessario partire da queste affermazioni altrimenti si cadrebbe nella retorica della guerra: quella vicino al nostro orto, quella occidentale, quella da difendere a tutti i costi perché tocca gli interessi del nostro paese e delle nostre famiglie. Non è così e lo sanno bene i signori delle guerre, quelli che vedono schizzare verso l’alto le loro azioni nelle borse di tutto il mondo in quanto costruttori e fornitori di armi, munizioni, attrezzatura bellica di ultimissima generazione. Sono loro a fare affari con i conflitti e molte delle fabbriche, guarda caso, operano in Europa: Germania, Spagna, Italia, Francia, Svezia, per non parlare degli onnipresenti Stati Uniti d’America. Ovviamente vendono a chi si difende ma è altrettanto ovvio che il concetto di difesa e di attacco si modifica in base alla parte del tavolo in cui si decide di sedersi. La guerra in Ucraina sta per compiere il suo primo anno di conflitti e ci auguriamo, davvero, un momento forte, chiaro e necessario dove ci si possa sedere e provare a verificare il peso delle parole e dei gesti diversi dal puro e inutile spargimento di sangue. In Sudan, invece,  il conflitto dura da dieci anni: scontri tra governo e opposizione e la maledetta “pulizia etnica”. Da quelle parti a combattere ci mandano i bambini in un gioco bastardo e volutamente poco pubblicizzato dal mondo occidentale. Ci sono le Nazioni Unite con un piccolo contingente  ma serve davvero a poco. I bambini muoiono e a nessuno sembra interessare. Così come tutto tace nei media di tutto il mondo della sporca guerra dell’Etiopia: sono oltre due milioni e mezzo di persone che sono state costrette a fuggire dai luoghi del conflitto e vivono ammassati in quattro enormi campi profughi dove le vittime della fame superano le mille al giorno. Provate a capirci qualcosa di ciò che accade nello Yemen dove tutti parlano di guerra civile dove oltre quattro milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case e il problema si interseca con la guerra in atto tra l’Ucraina e la Russia in quanto lo Yemen importa il grano da quelle nazioni. Il risultato è scontato: oltre quattro milioni di persone vivono in condizioni di malnutrizione. Ci sono poi i conflitti in Nigeria, Libia, Somalia, nel Kashmir, una falsa pace in Afghanistan  e in Palestina. Ecco perché quando vi dicono che c’è la guerra provate a ribattere: ci sono le guerre e di tutte dovremmo parlarne e di tutte dovremmo occuparci. Per tutte dovremmo chiedere un immediato cessate il fuoco, un incontro a qualche tavolo gestito dalle organizzazioni internazionali preposte proprio a questo. Ecco perché alcune associazioni sarde hanno deciso di scrivere pochi punti chiari e nitidi  e trasformarle in una carta: la carta di S’Aspru che sarà presentata domenica 15 dicembre presso la comunità S’Aspru di Mondo X Sardegna davanti ai ragazzi di Padre Salvatore Morittu. Sono stati invitati tutti i parlamentari sardi, ai quali verrà chiesto di controfirmare quella carta, un punto di partenza per discutere e prendere posizione contro tutte le guerre. Non è un messaggio da poco. E’, invece, un punto di partenza semplice che tiene conto solo di un’unica stella cometa: l’articolo 11 della costituzione italiana. Quando si parla di guerra ricordate che si parla di guerre e tutti i conflitti bellici sono ripudiati (parola ferma, chiara, inequivocabile) dalla carta costituzionale e da tutto il popolo italiano. Abbiamo bisogno di parole, c’è necessità di comprendere, di analizzare e di dire semplicemente “fermatevi”. Finché siamo in tempo.

14:04 , 11 Gennaio 2023 Commenti disabilitati su Rompiamo le armi