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La danza del più grande.

La danza del più grande.

Dovete vederla la danza di un uomo enorme, che gioca dentro un quadrato con il suo corpo. Un uomo che inizia a scrivere la sua leggenda il 29 ottobre 1960.
Se non l’avete mai visto non sapete di cosa stiamo parlando.
Perché il pugilato è arte sacra, è sfida che diviene epica, è morte e vita. Ma è soprattutto rispetto dell’avversario.
Dovete vederlo danzare, semplice e soave, quasi leggero, tra le corde e i pugni dell’avversario, ad irriderlo, a sfidarlo, a saltellare come se non ci fosse l’attimo su cui poggiare il proprio peso, come se fosse un volo che dura per quindici riprese.
Dovete ricordarveli i match di Cassius Clay, alias Mohamed Alì.
Dovete innamorarvi dei suoi pugni docili e terribili, dovete comprendere che, in fondo, lui ha rappresentato per il pugilato l’ossimoro perfetto: ghiaccio bollente, la leggerezza di un peso massimo, la prosa in versi.
Questo è stato Mohamed Alì, contro Joe Frazier e contro George Foreman in quello che tutti ricordano come un ballo impetuoso del grande, grandissimo Mohamed Alì.
Il 28 aprile del 1967, all’apice della carriera, l’invincibile viene chiamato alla guerra del Vietnam.
A lui non interessano queste sfide.
Non le capisce. Non comprende come sia possibile combattere con troppe forze un avversario quasi inerme che lui non conosce e pertanto dichiara in maniera innocente: “quelle persone non mi hanno fatto niente”.
Non può ballare contro i vietcong, non potrebbe riuscire a costruire nessuna danza perché la guerra non è allegria soave e non è sfida vera, non c’è un avversario reale.
Non c’è mai niente da vincere.
In fondo.  Lui rifiuta. Non va a combattere in un ring che non riconosce.
Il giorno successivo dal gran rifiuto, il 29 aprile del 1967, i burocrati dello sport lo privano del titolo mondiale e lo costringono a stare fuori dal ring per molto tempo.
Non ha danzato per quattro anni Mohamed Alì, ma non si è scomposto.
Ha combattuto da solo il suo personale Vietnam contro il vero nemico di sempre: l’ipocrisia. Per quello non si balla, non c’è musica che tenga.
Io l’ho visto Mohamed ballare tra le corde quando il 30 ottobre del 1974 vinse contro Foreman.
L’ho visto e quel giorno ho capito il pugilato: una danza dove si balla per raggiungere se stessi.
Però quando Mohamed Alì è sceso dal ring la musica è finita.
Come d’incanto.
Bisogna essere grandi per potersi permettere di ballare su un ring.
Grandi e impossibili.
Come Cassius Clay.

20:26 , 29 Ottobre 2022 Commenti disabilitati su La danza del più grande.